10-09-2019
Foto ricordo a Senigallia, domenica 8 settembre, di una intensa serata dedicata al gelato contemporaneo. Da sinistra: Moreno Cedroni, Paolo Brunelli, il sindaco di Senigallia Maurizio Mangialardi e infine Mauro Uliassi
Senigallia è una città molto particolare, forse unica nel panorama gastronomico nazionale: un luogo racchiuso in poco più di cento chilometri quadrati, in cui per una strana e fortunata congiunzione astrale si son trovate a splendere sotto lo stesso cielo alcune delle stelle più brillanti dell’accoglienza italiana.
E non parliamo soltanto di fine dining – con gli chef Mauro Uliassi e Moreno Cedroni a surfare da più di trent’anni sulle onde più alte che si conoscano – ma anche di un comparto che dalla spinta propulsiva da loro generata ha messo a fuoco un trampolino e un modello di proposta gastronomica “altra”: ognuna personale, che abbraccia le formule bistrot più informali, lo street food di qualità, le gelaterie contemporanee.
È proprio qui, nella città dei moli di levante e ponente, che un altro campionissimo del gusto ha deciso di raddoppiare la sua esperienza di Agugliano e seminare a piene mani la propria visione: il maestro gelataio Paolo Brunelli, uno degli interpreti più illuminati dell’arte gelatiera dello stivale.
Il pubblico radunatosi a Palazzetto Baviera di Senigallia per Identità di Gelato
Per comprendere meglio guardiamo anche l’evoluzione degli appuntamenti meneghini di Identità di Gelato: c’è stato l’anno del gelato fatto con i fermentati o con ingredienti non usuali (come l’aglio nero), l’anno delle contaminazioni, che hanno dato risultati diversi e sempre molto stimolanti. Quest’anno si interpretavano i temi del recupero e dello spreco zero.
Marchi ricorda Corrado Assenza, che «in una delle prime edizioni ci chiese 150 ostriche. Il tempo di chiedermi cosa dovesse farci e lui sul palco stava realizzando una granita di mandorle fresche, peperoncino e ostriche da caderci dalla sedia. Li capimmo che, così come avevamo fatto per la pizza, dovevamo approfondire i temi e le idee di questo mondo, perché aveva tanto da raccontare».
Tra chef stellati e maestri gelatai i ragionamenti trovano tanto in comune, nonostante punti di vista iniziali differenti (il gelataio ricerca il bilanciamento perfetto, il cuoco è orientato verso il gusto prendendosi all’occorrenza qualche “licenza” sulla perfetta alchimia dei sapori), ma la sensibilità nella ricerca delle materie prime e la loro valorizzazione è la stessa.
Uliassi ad esempio (che tra frigoriferi e carapine è cresciuto, i genitori erano proprietari di un bar gelateria) ha capito la grande differenza di un gelato fatto con una materia prima mai identica a se stessa dalla lezione di Luca Caviezel e del maestro Cecchiniello.
Il gelato di Paolo Brunelli
«Un ristorante produce due chili di gelato al giorno, tra il quello salato e quello dolce - continua il tristellato -, maestri gelatai come Brunelli ne producono tre quintali: significa laboratori diversi, macchinari diversi, procedimenti diversi. Il gelataio deve fare la miscela, bilanciarla, la deve mettere a maturare, mantecare, assodare. Poi magari se la conservi male perdi la sua stabilità e le sue caratteristiche di bilanciamento, perché diventa sabbioso o colloso. È un lavoro molto complesso, il gelato da ristorazione è molto differente».
Cedroni ha imparato a bilanciare il gelato negli anni 90: «La parte interessante è che una volta acquisita quella tecnica ero felice di non bilanciarlo più. Soprattutto perché nel ristorante mi interessa il gusto e non potevo andar dietro a un bilanciamento che mi faceva perdere la poesia».
Il gelato di Moreno Cedroni
Cedroni da qualche mese ha dato il via a The Tunnel, un progetto che vive in un lungo corridoio buio in cui «si sa cosa entra, ma non cosa uscirà, perchè quando si fa ricerca non sai mai quale risultato puoi ottenere». Qui sono nate due idee di gelato, come quello di ortiche alla griglia con capesante (già pre-dessert alla Madonnina) e quello di buccia di banana fermentata.
«Un primo problema è che oggi viene definito “artigianale” - spiega invece Brunelli - tutto ciò che non rientra nella macro-area “industriale”: il consumatore ha pochi strumenti a sua difesa, se non fidarsi del gelataio».
E sembra assurdo che nel nostro paese non esista ancora una legge che identifichi cosa dovrebbe essere il “gelato artigianale”. Distinzione da capire subito: il gelato di tradizione italiana, l’ice cream anglosassone e il gelato industriale hanno una differenza di base, cioè l’aria che contengono all’interno. Quelli industriali ne hanno un livello d’inglobamento quasi doppio. Ed è anche una questione visiva, oltre che di manualità.
Il gelato di Mauro Uliassi
Identità di Gelato a Senigallia darà una visione internazionale a questo mondo partendo da una forte identità italiana. Quindi una riconoscibilità, perché pistacchi di Bronte o delle mandorle di Noto siano davvero una precisa sensazione gustativa.
La difficoltà di questa sfida sarà confrontarci con il resto del mondo, e sarà anche un’occasione per esplorare nuove esperienze legate al gelato: come vero e proprio piatto gastronomico, o un aperitivo in abbinamento a cocktail o a vini o, viceversa, un cocktail gelato da abbinamento a del buon formaggio o al pane burro e alici. Ma soprattutto per recuperane la componente gioiosa e golosa.
Non ci sarà solo teoria, dunque, ma anche tanti assaggi: appuntamento a Senigallia.