20-03-2017
Com'è andata Identità di Pizza 2017, nell'articolo di Tania Mauri
Il Piemonte è stato punto di incontro tra il brianzolo Enrico Crippa, chef del ristorante Piazza Duomo, e il pugliese Massimiliano Prete, pizzaiolo della pizzeria Gusto Divino di Saluzzo e della Gusto Madre di Alba, città dove entrambi lavorano con molta soddisfazione da molto tempo. Una conoscenza, la loro, diventata un’amicizia e una “collaborazione” imperniata sulla stima e sul rispetto, che li ha portati a giocare con fermentazioni e lievitazioni, alta digeribilità, gusto e consistenze diverse
Contaminazioni di Gusto
Si definisce lo scultore della farina Corrado Scaglione dell’Enosteria Lipen, perché la sua abilità sta nel trasformare la polvere di grano in qualcosa di concreto come una scultura, la pizza in questo caso, un disco di pasta che cresce e si trasforma.
Specializzato nella pizza napoletana «sorgente di ogni pizza che si è evoluta, una pizza dal cammino contorto perché Napoli è frutto di contaminazione di molti popoli», propone una golosa Sensazione, insieme di semplicità e territorio dato da pochi elementi, dove all’impasto partenopeo (farina, acqua, sale e lievito madre) aggiunge pomodoro del Piennolo, lardo di Arnad, mozzarella di bufala e, per completare, cipolla di Tropea fritta croccante e aneto fresco dal retrogusto amaro. Conclude, e stupisce, con un dolce di frolla con Petra 3 arricchito da una spuma di mozzarella di bufala caramellata e limone candito
Sensazione
Gennaro Nasti impara a conoscere la cucina dei grandi chef a Chicago, per poi proseguire a Parigi, patria dell’haute cuisine. Qui nel giro di qualche anno, ha aperto due locali, prima Popine e successivamente Bijou. Usa la farina Petra 9 per i suoi impasti e propone a Identità di Pizza due sue creazioni, che rimandano allo stile dei suoi locali. Nel primo prima è predominante infatti la classica pizza napoletana, nel secondo alza il livello facendosi affiancare dallo chef Marco Di Martino, ex Ducasse, per essere supportato in cucina e proporre una vera e propria pizza gourmet
Sul palco ha quindi portato altrettanti esempi delle sue pizze: la Margherita, con pomodoro stracotto come il vero il ragù napoletano, e poi la pizza Da Napoli a Parigi, dove la tradizione francese incontra quella partenopea: il topping è composto da mousse di foie gras speziato, burrata, patè di olive caiatine e un olio aromatizzato al limone per sgrassare
Da Napoli a Parigi
Mangiare e stare bene, nutrire e godere. Questi i punti di forza di Riccardo Antoniolo (nella foto, con Francesca Romana Barberini, che ha presentato le lezioni) della pizzeria Ottocento Simply Food di Bassano del Grappa, dove propone impasti di Petra tipo 2 e germinati, ricchi di fibra. Pizze buone e belle, “che funzionino”, come il finger food di pizza, “pizza in punta di dita”, vegetale ed equilibrata: la pasta viene messa all’interno di un anello di metallo per 4 ore a temperatura controllata, rovesciata e cotta nel forno, abbattuta e coppata
Su questa base aggiunge, con un sac a poche, una vellutata di rapa rossa e topinambur, che contiene molto ferro, quindi hummus di ceci, rapa fermentata, scorza di limone pastorizzata e noce pecan. Sulla seconda pizza propone un impasto 100% di farro monococco, ricco di carotene, su cui pone una purea di broccolo di Bassano, fiori di broccolo bianco appena scottato, un filetto di trota marinato in sale e zucchero di cocco per 36 ore, semi di lino spezzati, olio e pepe.
Leggi anche: Buono e sano: la lezione di Antoniolo, di Carlo Passera
Mini-pizze con vellutata di rapa rossa, topinambur, hummus di ceci, rapa fermentata, scorza di limone pastorizzata e noce pecan
Un viaggio nel tempo e nel territorio quello di Giorgio Caruso, giovane patron della pizzeria Lievità di Milano. Propone due pizze tradizionali napoletane in chiave gourmet che raccontano, con pochi e semplici ingredienti, la sua storia: la prima richiama chiaramente le origini campane del pizzaiolo, con un impasto “chiaro”, con farina Petra 1, dal cornicione pronunciato e dall’abbinamento “ad effetto” con crema di cozze, filetti di pomodoro San Marzano, fiordilatte di Agerola e buccia di limone
La seconda pizza è invece uno sguardo attento e curioso verso ciò che ha scoperto in terra lombarda, dove su un impasto integrale con Petra 9 aggiunge dell’ottimo gorgonzola, radicchio croccante e una riduzione di prugna
Pizza con gorgonzola, radicchio croccante e riduzione di prugna
Ciro Salvo, figlio d’arte, patron della pizzeria 50 Kalò di Napoli, ci fa fare un viaggio nella semplicità e nelle origini della pizza proponendo le “banali” Margherita e Marinara, «pizze che rappresentano l’eccellenza italiana nel mondo e che esaltano l’impasto, apparentemente semplici ma in realtà difficili da fare buonissime»
Impasto, manualità e cottura sono le doti del pizzaiolo secondo Salvo, che incanta con i profumi e i colori delle sue pizze, morbide e mai croccanti come vuole la tradizione napoletana, ma anche con le sue parole che parlano di arte e sapere da tramandare, divulgazione del verbo e apertura a nuove vie da percorrere per avere una pizza sempre più digeribile, senza però mai stravolgere l’identità del prodotto
Marinara
Giuseppe e Simone Vesi, padre e figlio, pizzaioli alla quarta generazione, patron delle due Pizzagourmet di Napoli, propongono sul palco la loro pizza che affonda le radici nella tradizione partenopea, ma che nello stesso tempo si evolve in un cambiamento necessario per ottenere un impasto più digeribile e sano. Un nuovo impasto quindi con farina di tipo 1, molto idratato, con 48 ore di lievitazione, una biga di 18 ore e l’uso della semola rimacinata per lo “spolvero” e, successivamente, la messa in forno
Sostenitori dei prodotti Slow Food e del territorio, farciscono il disco bianco con pomodoro giallo del Vesuvio, mozzarella di bufala campana Dop e basilico. Pochi ingredienti ma di grande gusto e sapore per una pizza che prossimamente sbarcherà anche a Milano
L'altra pizza dei Vesi: Fantasia di colori e sapori
Dal gelato alla pizza il passo è breve. Lovely Fifty Fifty (ex gelateria, oggi pizzeria) è il locale di una pizzaiola dell’Oregon, Sarah Minnick, che ha scelto di lavorare solo con produttori locali biologici e, possibilmente, a chilometro zero. I contadini la consigliano al meglio sui prodotti stagionali per esaltare sapori e colori delle sue pizze (leggi il pezzo di Paolo Marchi: Alle radici della pizza della Minnick)
Una tecnica inaspettata, la sua, dove tutti gli ingredienti vengono miscelati insieme, formaggio incluso (Grana Padana e formaggi italiani e americani) in modo da avere una cottura più omogenea. Propone una pizza "al falso pesto” con un impasto di farine americane biologiche (un panetto di pasta pesa 400 grammi perché la pizza è intesa per due persone) condita con spinaci, asparagi, piselli, burro, sale ed erbe aromatiche che richiamano il colore verde e il gusto della nota salsa ligure. Molto bella da vedere ma forse lontana da ciò a cui noi siamo abituati a mangiare sulla pizza. Per questa occasione è stata assistita da un professionista d’eccezione, il maestro Franco Pepe, da poco rientrato da Portland
Pizza al falso pesto
Ha chiuso la giornata di Identità di Pizza il pizzaricercatore Renato Bosco, noto pizzaiolo veronese che definisce la pizza un viaggio dei sensi, ma anche uno strumento di crescita e di creatività. Per rafforzare questa sua visione, rompere gli schemi e per valorizzare ogni forma di cibo porta sul palco tre esempi di pizze diverse: la Fish&Chips, doppio crunch dove mette la banana fritta al posto della patata; la Take Hawaii, doppio crunch con carpaccio di ananas marinato, senape, zest di limone, prosciutto cotto affumicato e burrata; e la Marghe-Tira, una Margherita tonda con un “pelato di kiwi” al posto del pomodoro.
Leggi anche: Il mio viaggio per cambiare la pizza, di Renato Bosco
Semplice provocazione o un nuovo cammino da percorrere? Il dubbio rimane: per toglierselo non resta che provare queste e altre pizze nei due nuovi locali di Bosco, di prossima apertura a Verona: Saporè Stand Up, crunch, doppio crunch e panini da asporto, e Saporè Downtown, pizza a degustazione per 70 coperti
Marghe-Tira
A che punto è il modo pizza? Ce lo ha spiegato Piero Gabrieli di Molino Quaglia aprendo l’undicesima edizione di Identità di Pizza a Identità Milano 2017: «Oggi la pizza rappresenta innanzitutto ciò che è sempre stata, un cibo popolare e semplice, accessibile a qualsiasi livello. Il suo grande pregio è quello di avere una modalità di consumo intuitivo e immediato: non è necessario spiegare cosa sia. Questo nostro appuntamento al congresso vuole raccontare ciò che sta maturando nel mondo pizza, come facciamo già ogni mese con la newsletter».
Una pizza democratica, dunque, ma che si evolve e si trasforma, diventa frutto di viaggi e di contaminazioni da Nord a Sud, da Est a Ovest, in Italia ma anche all’estero: non più un unico modo di fare la pizza, ma stili ed esperienze diverse che si incrociano e si rinnovano, all’insegna del mangiare sano e buono.
Fermentazioni, alta digeribilità e grande attenzione ai valori nutrizionali: questi i temi affrontati dai pizzaioli, sempre più competenti e “uomini di scienza”, talvolta supportati da medici nutrizionisti o da chef di alto livello. Ma anche attenti a far sì che la pizza rimanga, come dice Gabrieli, fondamentalmente un cibo buono, semplice e gustoso, senza che mai l'esigenza salutistica finisca col penalizzare il gusto.
La pizza è infine un piatto conviviale e di aggregazione, non solo tra i commensali ma anche tra chi la fa ogni giorno, come rivelano alcuni amicizie nate per caso tra pizzaioli, per affinità elettive o da "separati alla nascita". A Identità di Pizza ne abbiamo avuto molte prove. (Nella fotogallery tutte le lezioni, le foto sono di Brambilla-Serrani)
di
food writer and traveller, torinese di nascita ma romana d'adozione, da sempre nel mondo della comunicazione, scrive di enogastronomia “per caso” e per passione su diverse testate nazionali