09-10-2024
La proposta è stata condivisa da tutti i partecipanti al Seminario nazionale sulla filiera tartuficola, che si è tenuto nell'Alessandrino. «Il tartufo può essere il nuovo Timorasso»
La valorizzazione del tartufo nero e dell’intera filiera tartuficola come strumento dalle grandi potenzialità per il recupero – dal punto di vista economico, sociale e di tutela territoriale – delle aree appenniniche e per contrastare il rischio incombente di una loro crescente marginalità. Magari, anche attraverso la creazione di un nuovo marchio collettivo “Tartufo nero Terre Piemonte”. È stato questo il tema attorno al quale si è sviluppato il Seminario nazionale sulla filiera tartuficola che si è tenuto sabato 5 ottobre a San Sebastiano Curone (Alessandria), un evento promosso e organizzato dall’associazione Derthona Truffle APS, dal Comune di San Sebastiano Curone e dall’Unione Montana Terre Alte. Ha visto la partecipazione, oltre che di numeroso pubblico, di un panel di altissimo livello impegnato ad affrontare un argomento di primaria importanza per il territorio.
Regione, Provincia, Gal, Unione Montana Terre Alte, Alexala, Derthona Truffle, amministratori locali, imprenditori agricoli, associazioni di tartufai, Centro Studio Nazionale del Tartufo, agronomi, micologi e mondo della ristorazione: tanti soggetti che, insieme, hanno sviluppato un ragionamento a 360 gradi sul tartufo e riflettuto su come, attraverso di esso, sia possibile mettere in atto azioni che mirino concretamente a incidere sul sistema economico e sociale delle valli alessandrine.
Un momento del seminario
«Il tartufo può essere il nuovo Timorasso», ha sostenuto Vincenzo Caprile, sindaco di San Sebastiano e presidente del Gal Giarolo Leader, che ha evidenziato l’importanza di cogliere stimoli e insegnamenti dalle esperienze raccontate durante il seminario dai molti tartuficoltori provenienti da altre zone dell’Italia, quali Marche, Umbria, Toscana ed Emilia. Ad esempio, Emidio Angellozzi, uno dei principali tartuficoltori d’Italia: «Nelle annate peggiori, il raccolto genera profitti di quattro volte superiore a ogni altro tipo di coltura e di oltre dieci volte nelle annate normali!». Caprile: «I nostri territori sono vocati per questo tipo di coltura, i terreni disponibili sono moltissimi e i redditi derivanti da questa coltivazione sono decisamente superiori a qualunque tipo di seminativo». Un’opportunità da non farsi sfuggire di mano.
Eppure le preoccupazioni non mancano, nel settore. «Il tartufo ed i tartufai sono destinati a sparire», è stato il grido di allarme emerso nel corso del dibattito e i dati, illustrati da Ipla (Istituto per le Piante da Legno e l’Ambiente) e dalla Federazione Ordine degli Agronomi e Forestali, hanno certificato come la produzione naturale del tartufo stia sempre più diminuendo per effetto dei cambiamenti climatici e del progressivo abbandono dei territori vocati. Come invertire allora la tendenza? La tartuficoltura moderna può essere un’efficace risposta ma purché vi sia consapevolezza che si tratta di una “coltura vera”: implica lavorazioni durante l’anno al pari di un vigneto o un frutteto. Perché sia fruttifera non basta mettere a dimora le piante ed aspettare che dopo 3-4 anni nascano i tartufi.
Appunto “Tartufo nero Terre Piemonte” vorrebbe diventare una Marchio Collettivo in grado di superare troppi sterili campanilismi di piccole aree; permetterebbe alle istituzioni provinciali e regionali di pianificare nuove politiche di sostegno in maniera unitaria e probabilmente più efficace. Il Seminario nazionale sulla filiera tartuficola si è augurato che tale proposta venga accolta in sede politica, in primis dalla Regione Piemonte, e che si individuino presto soggetti o organizzazioni a cui demandare le azioni di sviluppo del progetto.
Non di minor rilievo sono stati gli interventi di Antonio Degiacomi, presidente del Centro Nazionale Studi Tartufo, e del giornalista gastronomico Carlo Passera, caporedattore di Identità Golose, i quali hanno evidenziato da un lato la crescente importanza che il tartufo nero riveste nel mondo della ristorazione, specie di alta gamma, dall’altro la necessità però di migliorarne la conoscenza e la promozione, attraverso il coinvolgimento di tutti gli attori interessati. Degiacomi ha introdotto un concetto fondamentale, “ogni stagione ha il suo tartufo”, a sottolineare come l’ampia gamma di tipologie di tartufo (oltre che la loro versatilità in cucina) ne consenta un uso non limitato ai pochi mesi autunnali. Passera, che ha avuto il compito di moderare l’interessante tavola rotonda, ha posto l’attenzione su come occorrano strumenti in grado di tutelare il consumatore – quale può essere il marchio “Tartufo nero Terre Piemonte” – in un mercato nel quale la parola “tartufo nero” viene accostata anche a prodotti di infima qualità. Il marchio diventa altresì un’occasione d’oro per i ristoratori per attirare una clientela sempre alla ricerca di novità in campo culinario.
Al termine della giornata, tutti i soggetti intervenuti hanno convenuto sulla necessità di avviare un tavolo di lavoro al fine di elaborare un progetto condiviso di valorizzazione della filiera corta del tartufo, nonché di proseguire nel progetto finalizzato alla nascita del marchio collettivo “Tartufo nero Terre Piemonte”. Il seminario si è chiuso dando appuntamento al 15 novembre, sempre a San Sebastiano Curone, quando si approfondiranno, in un incontro specifico, gli aspetti della tartuficoltura moderna nell’ambito delle azioni promosse da “Fuori Tartufo 24“ a sostegno della 41a Fiera del Tartufo di San Sebastiano Curone.
di
A cura della redazione di Identità Golose