04-10-2012

I gratta-dita non sono ostriche

Fenomenologia dello Spondylus, raro e pregiato bivalve a metà tra canestrello e limone di mare

Il nome nella tassonomia latina è Spondylus Gaede

Il nome nella tassonomia latina è Spondylus Gaederopus. Qualcuno lo chiama ostrica imperiale ma, in realtà, più che a un’ostrica somiglia a un canestrello. Un concentrato di mare indelebile per la memoria

Largamente utilizzati nell’antichità per produrre perle, pendagli e bracciali, oggi riappaiono di tanto in tanto, di nascosto, in alcuni banchi di pescherie e ristoranti. Il pregiato mollusco si chiama Spondilus, Spondylus Gaederopus per l'esattezza. Questo straordinario bivalve vive saldamente attaccato alla roccia, sommerso a una profondità di circa 30 metri. La valva superiore, mobile, è ornata da lamelle squamose o spinose a volte molto pronunciate di colore violetto, carminio o rosso-porpora. Qualcuno lo chiama ostrica imperiale ma, in realtà, più che a un’ostrica somiglia a un canestrello.

Questa specie è comune sui fondali rocciosi del Mediterraneo. Il suo aspetto può variare molto da una regione all’altra poiché la taglia, il colore e la morfologia delle spine dipendono dall’adattamento al microambiente marino circostante al luogo in cui l’animale vive. Lungo tutto il litorale italiano, lo Spondylus Gaederopus è ricoperto di solito da una spugna di colore scarlatto (crambe crambe) che rende difficile il riconoscimento immediato del mollusco. E’ proprio alla spugna rossa che risalgono le sue definizioni dialettali: nel Salento le chiamano “ostriche russe”, cioè rosse, a Brindisi in dialetto grattapuetoli (gratta-dita) per il prurito che la spugna procura a contatto con le mani.

In versione chiusa

In versione chiusa

Lo spondilus è pescato a fini di consumo alimentare in Italia, Spagna, e Grecia. La raccolta non è regolamentata poiché, viste le profondità a cui vive, il mollusco è spesso pescato di frodo con l’uso di bombole e attrezzatura subacquea, il cui utilizzo è vietato per la pesca. È probabile che questo bivalve, il cui sapore è un misto tra un canestrello e un limone di mare, fosse consumato sin dal Neolitico in alcune aree costiere del Mediterraneo. Compare spesso nei banchetti della Roma antica come si racconta nella “Storia di Brindisi”.

La conchiglia di spondilus è stata per millenni pregiata come i coralli e veniva utilizzata per produrre manufatti e gioielli. La maggior concentrazione di reperti ritrovati ha dimostrato che questi gioielli erano localizzati prevalentemente in territori situati a grande distanza dalle coste mediterranee, proprio dove la conchiglia non era di facile reperibilità. Questa osservazione suggerisce che il valore degli ornamenti in spondylus incrementava probabilmente in relazione all’aumentare della distanza dalle aree naturali di approvvigionamento.

La sua bellezza e rarità nei territori più continentali sono due motivi sufficientemente validi per fare pensare che questa conchiglia e i manufatti ricavati da essa fossero dei beni di prestigio. Il gran numero di rinvenimenti nelle sepolture suggerisce, inoltre, che si trattava di oggetti cui era riservata una grande attenzione, perché, grazie al valore loro assegnato, potevano fungere da indicatori dello status sociale del defunto. Oggi rientra fra i cibi rari, frutti del nostro mare a molti sconosciuti. A causa delle difficoltà nel pescarlo e del forte rischio a cui i subacquei devono sottoporsi, non è semplice reperirlo. Ma se vi capiterà di assaggiarlo, un concentrato di mare lascerà il segno nella vostra memoria gastronomica.


Mare Aperto

Le verità legate al mondo ittico, svelate da Antonio Vasile. Contro mille bugie e pericolosi luoghi comuni

Antonio Vasile

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Antonio Vasile

pugliese del segno dei pesci, è tecnico del settore ittico

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