Catia Uliassi

Uliassi

via Banchina di Levante, 6
Senigallia (Ancona)
T. +39.071.65463
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Tutto cominciò da un bar di famiglia. La mamma di Catia e Mauro era addetta alle pubbliche relazioni. Papà Franco, ex camionista, quello che ebbe l’idea: “E’ sempre stato il punto di riferimento per tutto, il business man di casa, capace di tracciare la rotta e di indicare (letteralmente) la strada”. Il Bar Uliassi sull’Adriatica Nord tutt’ora sforna drink e caffè nero bollente, al bancone Walter, fra i fratelli l’ex pilota d’aereo planato sulla prima insegna di famiglia. 

Ma fu Mauro, era il 1990, a decidere che bisognava osare di più, aprire un ristorante. «Mi chiese di mollare l’università per fare l’esame del Rec, tre mesi mi disse, poi ricominci a studiare», ricorda Catia, «Ero una scavezzacollo di 23 anni, della vita da reclusa in un ristorante non volevo saperne. Ma a Mauro non ho mai saputo dire di no. Com’è andata a finire è storia nota, Catia e Mauro, yin e yang, dal civico 6 della Banchina di Levante non avrebbero mai più schiodato.

«C’è voluto del tempo perché mi piacesse», pausa «ci eravamo giurati: niente famigliari. E adesso lavoro con fratello, marito, nipote. Con mio fratello all’inizio era tutto uno scornarsi. Ammattivo quando dimenticava di annotare le prenotazioni, finché non ha rinunciato. Da dieci anni in qua, la complicità ha avuto il sopravvento insieme alla stima, l’affetto, su tutto. Se uno dei due ha i nervi tesi, l’altro molla. Tutto scivola via. Siamo un’anima sola, è sempre stato così». Se non è Mauro, ammette, non le piace. Mauro Paolini, marito di Catia, è pilastro nella brigata di cucina.

Negli occhi della ragazza in tacchi a spillo che attraversa la sala con eleganza discreta, scorrono ritratti e ricordi, fotogrammi in celluloide che insieme fanno una vita. Ognuno vale un tassello, un mattone. Come quelle volte a Enoteca Pinchiorri e Dal Pescatore. «Eravamo un ristorante piccolo, un ristorante normale. Poi andai a Firenze e a Canneto Sull’Oglio, niente è più stato lo stesso. Alla corte di Annie e Giorgio la sala era animata da ragazzi giovanissimi, a loro agio nel luogo più elegante del mondo. In casa Santini, ricordo come fosse ieri che Antonio, un gigante, mi propose di sedermi al suo fianco. Proprio a me, una ragazza qualunque, sciogliendo d’un botto ogni distanza».

Sono trascorsi circa dieci anni da quei due pit stop che le hanno cambiato la vita e Catia, che nel frattempo è scesa dal tacco 12 al 6 senza rimpianti, appunta gli occhi sul suo centro di gravità permanente: «Mio figlio Gianmarco. Lui respira in ogni angolo di questo mondo, è cresciuto con la tata e i nonni eppure ha sempre compreso, ho sempre potuto contare sul suo sostegno. Senza di lui, mai, mai avrei avuto la forza».

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Identità Milano


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Identità Golose

A cura della redazione di Identità Golose