26-02-2013

MFWF 2013, a mente fredda

Helmut Köcher, Paolo Marchi e un bilancio del Festival a oltre due settimane dall'evento

375 etichette di 125 produttori italiani e stranieri in abbinamento alle delizie di micro-cucina di 25 cuochi e artigiani del gusto del buon Paese. Un afflusso di pubblico cresciuto del 20 rispetto alla prima edizione. Sono le cifre che riassumono il successo della seconda edizione del Milano Food and Wine Festival, tenutosi dal 9 all'11 febbraio scorso a ridosso di Identità Milano (foto Stefania Ciocca)

375 etichette di 125 produttori italiani e stranieri in abbinamento alle delizie di micro-cucina di 25 cuochi e artigiani del gusto del buon Paese. Un afflusso di pubblico cresciuto del 20% rispetto alla prima edizione. Sono le cifre che riassumono il successo della seconda edizione del Milano Food and Wine Festival, tenutosi dal 9 all'11 febbraio scorso a ridosso di Identità Milano (foto Stefania Ciocca)

Lunedì 11 febbraio è il giorno che ha mandato in archivio la seconda edizione del Milano Food and Wine Festival, una kermesse che già nel nome svela la sua identità doppia: la metà food concepita da Paolo Marchi – in parallelo a Identità Milano, che affollava negli stessi giorni le sale attigue – e quella wine pensata da Helmut Köcher, selezionatore delle 100 cantine italiane (e 25 straniere) presenti, e quindi delle 375 etichette provate in assaggio nella 3 giorni.

Lasciamo proprio al fondatore del Merano Food and Wine Festival il compito di tracciare un primo bilancio dell’evento, a oltre due settimane dall'epilogo: «Intanto», ci racconta, «siamo rimasti molto soddisfatti dalla risposta del pubblico, in termini quantitativi e qualitativi. L’afflusso, intanto, non ha mai concesso pause nella 3 giorni: è stato continuo da sabato a lunedì. Ma soprattutto, il pubblico ha dimostrato un’attenzione spiccata verso i prodotti».

Helmut Köcher con la presentatrice Alessandra Rotondi

Helmut Köcher con la presentatrice Alessandra Rotondi

 L'elemento che lo ha reso più felice è proprio quello legato alla reazione di produttori e consumatori, disposti ad accogliere un approccio nuovo: «La nostra idea di Festival è quella di comunicare un modo diverso di intendere il vino: un calice non va giudicato ‘in solitaria’ come quasi sempre succede ma in abbinamento a un piatto. In questo senso, abbiamo ricevuto elogi dai produttori per le combinazioni azzeccate tra i piatti e i vari vini in assaggio. Se lo scopo era quello di maritare due mondi che stranamente procedono paralleli, senza far prevalere il food sul wine o viceversa, la missione è riuscita».

Uno spunto confermato dal co-autore dell’evento Paolo Marchi, che aggiunge: «La cosa che più mi è piaciuta», spiega il patron di Identità Golose, «è che la gente ha accettato di buon grado l’assaggio di piatti che non fossero i soliti, cercando il contatto col cuoco che cucinava. Al carrello dei dolci dei Cerea, per esempio, non c’è stato l’assalto della gente che voleva solo mangiare. C’era molta disciplina, curiosità, buone maniere. I valori che vorremmo promuovere per il Festival, che con Helmut vogliamo intendere come versione prêt-à-porter di Identità Golose». 

Ogni piatto di cucina d'autore generava l'abbinamento a più vini, anche molto diversi tra loro

Ogni piatto di cucina d'autore generava l'abbinamento a più vini, anche molto diversi tra loro

 Se l’alta cucina aveva il suo tempio nelle sale dirimpetto di via Gattamelata, la grande cucina in piccole porzioni ha tenuto banco nelle sale del MFWF per 3 giorni, col culmine domenica 10, giornata dedicata ai rubitt, che ha visto alternarsi contemporaneamente ai fornelli artefici di micro-delizie in quantità, da Cesare Battisti a Viviana Varese, da Beniamino Nespor ed Eugenio Roncoroni a Eugenio Boer a Wicky Pryian, fino "all'oriundo" romano Stefano Callegari, prodigo di trapizzini il giorno prima di imbastire la sua lezione nella sala di Identità di Pizza.

E poi tutti a cercare il match con l’etichetta giusta, seguendo le linee guida degli stessi autori. «Perché», chiude Köcher, «occorre imparare a comunicare il valore del vino in relazione a quel che mangiamo: troppo spesso si giudica una bottiglia presa in se stessa. Ma alla fine, quella del bere è una pratica quasi sempre indissolubile da quella del mangiare». Prosit e buon appetito.

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La cronaca del MFWF 2013 di Raffele Foglia

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