Credito Brambilla - Serrani
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Settembre andiamo, è tempo di migrare: l’esortazione del vate deve essere risuonata più volte alle orecchie di Niko Romito, giovane chef abruzzese dal cammino tortuoso come i tratturi di queste parti, avanti sempre avanti verso i pascoli del successo. Fra il parco nazionale della Maiella e quello dell’Abruzzo, la sua Rivisondoli è un nome scritto in piccolo sulle cartine geografiche: all’anagrafe conta 684 anime ed è probabilmente un record per un ristorante due stelle. Qui i genitori di Niko nel ’96 decisero di riconvertire la loro piccola pasticceria in una trattoria, con papà Antonio ai fornelli. Niko no, era a Roma intento a studiare economia, non senza coltivare svagatamente l’hobby della cucina in qualche corso. Due anni dopo però il padre si ammala: c’è da fare le valigie e rimboccarsi le maniche, e lui lo fa con la complicità della sorella Cristiana, che guida tuttora la sala. Da autodidatta totale si presenta a qualche corso all’Étoile di Sottomarina e compie stages decisivi al fianco di Valeria Piccini e Salvatore Tassa. Le sue matrici sono quelle: una cucina centroitaliana gustativamente travolgente, che non si perde in chiacchiere o rovelli tecnoemozionali, ma coniuga l’afflato epico con l’impronta di una personalità generosa. Di che regalare alla regione la sua prima stella Michelin, valorizzando prodotti evocativi di una mitica cucina di montagna. L’agnello di razza sopravissana, la capra stufata e il pancotto del Reale raccontano con il piglio delle grandi narrazioni la koinè della transumanza fra Puglia, Campania e Abruzzo, dove i pastori sostavano per quattro mesi, da maggio a settembre. Ma il tratturo di Niko ultimamente ha conosciuto una decisa virata, simile a quella compiuta nell’ocra delle terre di Siena dal quasi coetaneo Paolo Lopriore. Da una cucina “figurativa”, impostata sulle specialità tradizionali, all’astrattismo di piatti contaminati dall’avanguardia, con sapori ficcanti, presentazioni icastiche, ingredienti solitari e manipolazioni molto minimal. «Senza questo ritmo binario di territorio e cosmopolitismo vivrei la cucina abruzzese come un limite», spiega Niko, nel quale Carlo Petrini ravvisa un talento naturale eccezionale, Paolo Marchi il nitore dei grandi palati. Un talento che da fine primavera 2011 opera a Castel di Sangro, 10 km a sud di Rivisondoli: Niko ha acquistato il monastero cinquecentesco di Casadonna e l'ha ristrutturato. Non c'è solo un grandissimo ristorante e comode stanze, ma anche un scuola di cucina per aspiranti chef. Tutti progetti che gli sono valsi 3 stelle Michelin, trono raggiunto nel novembre 2013.
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Umbra di Perugia con residenza a Bologna, è giornalista e scrittrice di cucina. Tra i numeri volumi tradotti e curati, spicca "6, autoritratto della Cucina Italiana d’Avanguardia" per Cucina & Vini
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