Cordiale e pacato, Michele Biassoni sbircia fra i ricordi e regala l’immagine di un cuoco lontano da Escoffier o da professionisti che hanno fatto del servizio la propria schiavitù. Non uno chef prigioniero di fuochi e pentole, ma un uomo in cerca di libertà. Nasce a Monza nel 1987. Ad 8 anni incontra l’amore, quello genuino e inconsapevole, pensato per dare senza pretendere nulla in cambio: s’innamora della cucina della nonna. Riso e piselli, Pollo arrosto con le patate. I suoi pensieri corrono veloci verso il pranzo dopo la scuola, in testa le parole «Corri Michele, corri». Un Forrest Gump all’italiana. Di formazione alberghiera, ricorda le stagioni estive trascorse in Costa Smeralda e sul lago di Como. «Avevo 16 anni. Era dura, lavoravamo da giugno a settembre, 7 su 7, 16 ore al giorno. Sono stati i primi veri lavori». Nel 2006 si diploma e inizia a lavorare a La Terrazza di via Palestro, a Milano. Il suo curriculum vitae inizia presto a vantare posizioni più prestigiose al fianco di nomi di una certa caratura: Sadler, Berasategui, Carlo Cracco, Niko Romito, Enrico Bernardo a Parigi. Impara cosa significhi sapersi muovere nel mondo dell’alta cucina. Rispetto, precisione, tecnica, equilibrio, costanza, creatività. Nel 2015 viene contattato da Claudio Liu, proprietario del ristorante Iyo di Milano, cucina dal respiro orientale (in prevalenza giapponese), fresco di stella Michelin. Viene catapultato in un mondo a lui quasi totalmente estraneo, eppur familiare. «Il 20 marzo 2015 abbiamo fatto il nostro primo servizio. Una brigata quasi completamente orientale: in pochi parlavano italiano, avevo a che fare con gusti a me totalmente nuovi. Eppure è stato come essere finalmente a casa. E’ stato bellissimo». E’ l’incipit di una storia d’amore che dà frutti in soli tre giorni: un piatto di triglia che ancora è presente sul menu e che, spiega lo chef, ci rimarrà sempre. Nascono piatti con ingredienti tipicamente mediterranei, trattati con tecniche che affondano le proprie radici a levante. Nasce il vero Michele Biassoni. Claudio Liu gli permette di andare in stage per tre mesi al RyuGin di Tokyo per approfondire, per imparare a cacciare dal leone. Michele Biassoni è un cuoco italiano che non si limita a «fare cucina fusion». Unisce due culture dall’identità forte e autosufficiente per originare qualcosa di unico, di nuovo. Abbatte barriere artificiali, poste a limite di un linguaggio che, di fatto, è la più versatile forma di comunicazione a nostra disposizione. Le idee non hanno passaporto, né l’avranno mai. Sembra che l’uomo abbia trovato la libertà che andava cercando.
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Classe 1992, è nato e cresciuto in Valsesia, a Varallo. Master in comunicazione e critica gastronomica alla FGA, dal 2017 condivide il proprio amore per cucina, fotografia e scrittura attraverso il proprio profilo Instagram @andrea_mattasoglio .
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Una foto storica del 2007 che ritrae Claudio Liu, la moglie Ilaria e lo staff del primo Iyo. L'anniversario dei 15 anni è un momento di riflessione, in cui si guarda al passato con maggiore consapevolezza. «Ricordo che all'inizio servivamo in scarpe da ginnastica e maglietta - racconta con emozione Claudio Liu -. Principalmente sushi e tempura. Lo stile era easy, non ci fermavamo mai. Ma la qualità degli ingredienti, già allora, era altissima. Così abbiamo iniziato ad attrarre una clientela business. Gli ospiti venivano a pranzo e a cena elegantissimi, così, anche noi ci siamo adattati, ci siamo evoluti». Foto: Annalisa Cavaleri
La Torre Eiffel vista dall'interno della Langosteria Parigi. Foto Cécile Guillaume
Savio Bina, maître e sommelier del ristorante Aalto di Milano, una stella Michelin da una settimana. Mantovano, classe 1970, prima che con Claudio Liu ha lavorato Dal Pescatore, Enoteca Finzi, Cracco, Perbellini, Aromando e It