28-09-2021
Le tradizioni antiche tornano a nuova vita grazie alla lezione di Andrea Tortora a Identità di Gelato. Si parte dal tartufo di Pizzo Calabro classico per trasformarlo in una versioni attuali e fresche, con gelato mantecato al momento
Chi, andando in pizzeria da bambino, non ha mangiato come dessert finale il Tartufo al cioccolato? Si trattava di una sfera spesso dura e ghiacciata, con un cuore di gelato alla crema o alla nocciola, che, i più arditi, chiedevano affogato nel caffè bollente.
Un dolce di matrice industriale che, invece, ha una grandissima storia e dignità. Ce l’ha mostrato Andrea Tortora, titolare di AT Patissier, pasticciere da 4 generazioni che nel 2018 ha conquistato a fianco di Norbert Niedelkofler al St. Hubertus l’ambitissima terza stella Michelin. Oggi con la sua attività produce dolci e grandi lievitati che vende principalmente online.
Andrea Tortora a Identità di Gelato
Una sorta di street food, quindi, composto da due semisfere, una di gelato al cioccolato e una di gelato alla nocciola, con un cuore di salsa liquida e fondente al liquore strega. Veniva consumato fresco e appena preparato, messo in un quadrato di carta pergamenata.
La cremosità del gelato al cioccolato a base acqua che incontra la nocciola Giffoni
«Ci sono dolci e tradizionali che hanno grandissime potenzialità sia come dolci buoni e freschi da ristorazione più classica sia come dolci pensati al piatto in un ristorante stellato o di alta cucina». La differenza la fa sempre la tecnica e la scelta degli ingredienti, che grazie alla tecnica esplodono in bocca al massimo della loro essenza.
Sabato, in Sala Blu 2, Andrea Tortora ha presentato una versione più classica e tradizionalissima del Tartufo di Pizzo Calabro e una variazione al piatto più creativa.
L’idea parte dalla sottrazione, col cioccolato fatto senza latte e solo con massa di cacao, acqua zucchero e un pizzico di sale. Il gelato alla nocciola, è anch’esso alleggerito, a base di Giffoni leggermente tostate (in modo che il sapore non sia eccessivamente tostato) lasciate in ammollo per 24 ore e poi frullate fino a diventare una pasta liscia, amalgamate con zucchero panna e un pizzico di sale.
All’interno delle due semisfere di gelato, una salsa lievemente alcolica a base di massa di cacao, zucchero e liquore Strega - come da tradizione - che ha un potere anticongelante.
Il tartufo, questa volta di altissima qualità e preparato al momento, viene avvolto in carta pergamenata e poi spolverato con cacao amaro. Può essere inserito, proprio nella sua carta, in una coppa, per essere portato al tavolo con facilità.
La versione al piatto del dessert è una semisfera di salsa al cioccolato creata con l'azoto e riempita con due gusti di gelato e salsa al cioccolato e liquore Strega. A completare, pop corn di latte infuso ai chicci di caffè
La seconda versione più tecnica e creativa, vede la creazione di una semisfera di salsa al cacao inserita in un palloncino alimentare passato nell’azoto per una quarantina di secondi, girandolo per creare una pallina cava, al cui interno viene inserito gelato alla nocciola, al cioccolato e la salsa al cuore.
«Se il tartufo veniva affogato nel caffè, che lo scioglieva trasformandolo in una “pappetta” poco invitante – spiega lo chef – io propongo, come complemento, un pop corn di latte infuso al caffè: il colore è bianco, ma al palato arriva il gusto intenso dei chicchi. Grazie al pop corn di latte, riporto alla memoria anche la parte giocosa che era insita nel “tartufo gelato da pizzeria”, che tanto piaceva ai bambini.
Il latte scaldato viene scaldato e al suo interno vengono inseriti i chicchi di caffè per 24 ore a 4 gradi. Nessun colore, ma si sentono forti le parti aromatiche. Il grasso del latte fa sì che la miscela si espanda nell’azoto, trasformandosi in una sorta di pop corn leggerissimo che a sorpresa al palato riporterà il gusto del caffe. Una lezione che dimostra come le tradizioni siano sempre attuali e che, grazie a macchinari di avanguardia, come Principessa, si può offrire un prodotto fresco, goloso e mantecato alla perfezione.
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giornalista professionista e critico enogastronomico, è docente di Antropologia del Cibo e food marketing all'Università di Milano e all'Università Cattolica. Studia da anni il valore simbolico del cibo nelle religioni e collabora con alcune delle più importanti testate del settore
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