Su questa terra non siamo tutti convinti dell’esistenza di dio, figuriamoci della infallibilità del migliaio di votanti che ogni primavera fanno felici o fanno piangere i grandi chef del pianeta. Siamo in campo World’s 50 Best Restaurants, edizione numero 16, la prima lontano da Londra, la prima a New York così come l’anno prossimo avremo la prima a Melbourne in Australia. Quella 2016 è stata anche la prima vinta da un’insegna italiana, l’Osteria Francescana di Modena, guidata da Massimo Bottura. Tre stelle Michelin l’italiano, tre El Celler de Can Roca secondo e tre pure l’Eleven Madison Park di New York terzo. Non si arriva così in alto se non si è riconosciuti grandi nei rispettivi paesi.
I Fifty non sono la bibbia e i suoi risultati riflettono le regole che gli organizzatori, inglesi, stabiliscono. Forse solo una rivista che sta in riva al Tamigi, The Restaurant Magazine, poteva inventarli e non, per una volta, i francesi, maestri di marketing e

La gioia di Enrico Crippa, chef del Piazza Duomo ad Alba nelle Langhe, felice per il 17° posto, dieci posti in meno rispetto a un anno fa. Copyright The World’s 50 Best Restaurants
auto-promozione. Gli inglesi perché non sono espressione di una nazione leader assoluta in cucina. Anche in Francia accade compilino delle liste, oltre alle guide che hanno inventato, solo che partono e arrivano allo stesso punto: vive la France! Troppo facile e anche anacronistico.
«E’ una eccezionale forma di promozione mondiale», ci siamo detti giusto ieri, sabato 18, con Carlin Petrini a Bra nelle Langhe. E poi è scattato il meccanismo che fa il successo di Oscar del cinema, palloni d’oro e così via: «Paolo, ma come è possibile che non vi siano in classifica colossi francesi come Régis Marcon e suo figlio Jacques, e Alexandre Gauthier, solo 62°? Mi hanno impressionato». La risposta vale anche per chi si lamenta perché gli italiani sono “appena” quattro: i Fifty non intendono copiare le gerarchie della Michelin piuttosto che ribadire come l’haute cuisine sia prerogativa francese, euro-centrica. Tentano di fotografare il peso dei singoli paesi in una sorta di borsa del turismo enogastronomico, con il pianeta suddiviso in 27 aree. Un unico obbligo per chi vota: non indicare più di quattro locali della tua zona su un totale di sette.

Dominique Crenn, francese con vita e lavoro a San Francisco in California, miglior donna chef al mondo per il 2016, assieme con with Hélène Pietrini, a destra, direttore del World's 50 Best Restaurants a cui dobbiamo la foto
Visto il loro peso storico, Francia e Italia, 934 insegne stellate in due, rispettivamente 600 e 334, andrebbero divise, tipo Parigi e Resto della Francia, l’Italia da Milano a Firenze e quella da Roma a Palermo, ma così io milanese potrei votare per sette italiani e il giocattolo si romperebbe. Adesso 50 ristoranti per 23 nazioni, e questo sta alla base del successo dell’evento. Comprese le 21 bandiere al vento nella seconda parte, dal 51° al 100° gradino, dove trovi di tutto, compresi otto francesi e due altri italiani,
Niko Romito 84° e
Umberto Bombana a Hong Kong 86°. L’avvicendamento tra Andrea Petrini, out, e Nicolas Chatenier che gli è subentrato a livello di responsabile francese, per ora ha prodotto solo lo sprofondamento dello
Chateaubriand di
Inaki Aizpitarte, da 21° a 74°, a lungo pomo della discordia tra establishment e nouvelle vauge. Un po’ poco.
Come Italia 1° Bottura, 17° Enrico Crippa (da 27° nel 2015), 39° Massimiliano Alajmo (-5 posizioni) e infine Davide Scabin 46° da 65° che era; due anni di purgatorio per lui che nel 2014 era 51°. Bottura è sceso dal palco con due trofei,

Alain Passard, leggenda della ristorazione francese, suo l'Arpège a Parigi, ha ricevuto a New York il riconoscimento alla carriera. Copyright The World’s 50 Best Restaurants
uno perché primo al mondo e un secondo perché primo in Europa.
Eleven Madison Park di New York, 3° assoluto e 1° in Nord America così come il
Central di Lima, quarto, è il numero uno dell’America del Sud.
Narisawa a Tokyo primeggia in Asia, il sud-africano
The Test Kitchen in Africa e infine
Attica di Melbourne in Oceania.
La Francia applaude Alain Passard per il premio alla carriera, Pierre Hermé miglior pastry-chef e Dominique Crenn miglior donna chef. Il Ferrari Trento Art of Hospitality al debutto incorona la sala dell’Eleven Madison Park guidata da Will Guidara, mentre al Maido di Lima è andato il Lavazza Highest Climer Award per il superbo balzo all’insù, da 44° a 13°. Infine è giusto rimarcare come il Relae di Christian Puglisi a Copenhagen vince per il secondo anno consecutivo il Sustainable Restaurant Award. Italiani anche due altri sponsor Acqua Panna S.Pellegrino e Grana Padano.