Quando si arriva a Victoria Falls, Cascate Vittoria in italiano, ci si sente ancora un po’ esploratori, in un mondo ormai totalmente in balia dei torpedoni, soprattutto metaforici. Anche qui, in effetti, si arriva su ruote, ma è l'ultima tappa di un viaggio che, seppur breve, fa attraversare tre nazioni: partenza dal Sudafrica, Johannesburg, prima tappa in aereo fino a Livingstone, Zambia, infine arrivo via terra a Vic Falls, Zimbabwe.
Qui, oltre alle meravigliose cascate si ha anche l'opportunità di fare un'esperienza cultural-gastronomica degna di nota. Essere amanti del genere aiuta: per chi apprezza le atmosfere coloniali, questo è uno dei migliori posti in Africa. Il curatissimo giardino del Victoria Falls Hotel, telefono +263 13 44751, si affaccia proprio sulle cascate e stando comodamente seduti a uno dei tavoli del garden bar si gode uno spettacolo davvero unico. Ma è all’interno della Livinsgtone Room che si è davvero catapultati in un altro secolo.
Già il nome di questo esclusivo ristorante, dove al momento della prenotazione ti viene specificato il
dress code (che da queste parti vuole dire camicia con maniche lunghe, niente jeans né scarpe da ginnastica), evoca ricordi di esplorazioni nella giungla misteriosa. Quando poi si entra nella magnifica stanza in puro stile Vittoriano, allora si entra davvero in un film.
Lampadari maestosi, soffitti altissimi, un pianoforte a coda, tavoli perfettamente apparecchiati con tovaglie candide, posate d’argento e bicchieri di cristallo ci accolgono all’ingresso stregandoci completamente. E qui inizia un altro viaggio, oltre che nel tempo anche nel gusto, perché la Livingstone Room, arredi e atmosfere a parte, è proprio un buon ristorante. Il menu degustazione di sei portate a 35 dollari ha un rapporto qualità-prezzo eccezionale e con altri 24 dollari si può fare l’abbinamento con i vini, anche quello altrettanto interessante.
Si parte con un amuse-bouche dello chef, per poi passare a una prima portata di cappesante con salsa di piselli e scalogni, buonissime, seguita da una squisita crema di cavolfiori e blue cheese come qui (e non solo qui) chiamano il formaggio erborinato. Come main course ci viene servito un filetto di bue zimbabwiano, tenerissimo e saporito, seguito da un’ottima selezione di formaggi e da una torta al cioccolato e pistacchi da urlo. Per un po’ di abilità culinaria live, si può ordinare una Crêpe Suzette che viene preparata e flambata al tavolo, magari è archeologia per i palati contemporanei europei, ma ricordiamoci dove io vivo adesso. E poi è squisita.
Dopo questo banchetto, ci siamo fermati a chiacchierare con il personale: tutti giovani dello Zimbabwe ma con esperienze internazionali, a partire dallo chef
France Moyo, al sommelier
Monia Kufa, al pasticcere
Michael Ncube, al maître, super-professionale,
Philemon Msimdo. Una squadra davvero notevole che continuerà a far crescere questa insegna.
Uscendo dalla sala, c’è una galleria di vignette, dall’umore molto inglese. Una dice: The British Character: Aptitude for building empires*. La perfetta epitome per questa serata. Ops, la traduzione? *Il carattere inglese: attitudine a costruire imperi.