Piacevolmente borghese, con tanto di pianista di piano bar che arreda il silenzio tra una portata e l'altra, questo locale segna lo sbarco a Milano del talento di Emin Haziri, allievo di Antonino Cannavacciuolo che a meno di trent'anni ha già lo sguardo lungo di chi sa quello che vuole e come ottenerlo. Kosovaro fuggito con la famiglia in Italia per sfuggire alla guerra che opprimeva la sua infanzia, Haziri trae forza dalle sue sofferenze, e forse con il tempo metterà l'ammorbidente a certe inevitabili durezze.
Lui è quel tipo di chef che ama far parlare i propri piatti, che giocano su sapori spinti e molto saturi, amari/amari, acidi/acidi, senza però rinunciare alla ricerca di un equilibrio superiore, come nello Spaghetto di pastificio Graziano con anguilla affumicata, scarola, limone salato e quinoa. Interessante anche il modo in cui Haziri tratta il vegetale, non banalizzandolo e non scimmiottando piatti onnivori: Melanzana, pomodoro e basilico scova sapori inaspettati e personalità travolgenti. Il servizio è compìto e un po' teatrale, come si conviene a un posto opulento. La carta dei vini nasconde proposte inaspettate. Un bancone fa da tavolo dello chef.
romano di stanza a Milano, sommelier e giornalista del quotidiano Il Giornale, racconta da anni i sapori delle città in cui vive
romano di stanza a Milano, sommelier e giornalista del quotidiano Il Giornale, racconta da anni i sapori delle città in cui vive