C’è – c’è sempre stata, continua a esserci – una inquietudine quieta nella cucina e nella stessa personalità di Michelangelo Mammoliti. Lui ha la disciplina totale che gli deriva dalla lunga esperienza francese, ma una naturale indisciplina (creativa) di pensiero, il seguire un percorso originale che poi gli vale uno stile di cucina personalissimo. E ancora, in fatto di ossimori: «La mia cucina è Piemonte, è Italia, è Francia, è resto del mondo», insomma il voler essere tutto insieme, radici e nuvole, il cogliere da ogni stimolo una propria identità che ne abbia però di molteplici, ne nasconda altre come una matrioska. Altrimenti, pensa lui, è troppo facile. Eppure, di nuovo su un doppio binario: «Ho ripreso una riflessione che portavo avanti con Yannick Alléno: bisogna andare all’essenziale. Voglio allontanarmi il più possibile da quello che facevo prima: sono diventato istintivo».
Quindi una complessità minimale che è nel medesimo tempo minimalismo complesso: è in questa continua tensione alla perfezione che ritroviamo l’impronta vivida del grande chef, quale Mammoliti è.
classe 1974, giornalista professionista, si è a lungo occupato soprattutto di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa esattamente l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta sui viaggi e sulla buona tavola. Caporedattore di identitagolose.it
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Ristorante con camere
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