C'è un servizio cortese, una sala calda, una carta dei vini ricca, un garbo non di facciata. Non c'è una carta, ma due proposte. L'una si chiama "Signature" e ripercorre i piatti della (pur breve) storia di questo ristorante, dalla Lingua in caesar salad (2015) al Mountain babà (2022), ed è un buon modo di conoscere l'evoluzione onestamente esponenziale della cucina di Martino Leone. L'altra, "Contemporary", è al buio. Per non creare aspettative, dicono loro.
E se anche le aspettative sono nell'animo umano, la successione dei piatti dell'ultimo menu, che varia da cliente a cliente, è un mistero che è piacevole scoprire un pezzo alla volta. Si parte da un Pollock in cui un salmerino affumicato e le creme vegetali compongono la tela, si passa da un buonissimo risotto, cotto nel brodo di licheni, con polvere di barbabietole e aglio nero, che si chiama Domenica nel bosco (e il nome è giusto), sino a una di quelle variazioni che piacciono allo chef, e che gli riescono bene: tre cotture del fagiano, tra cui, ottenuto dagli scarti, un favoloso ragù con chiocciole di Cherasco, su patata di Bousson.
avvocati di professione e gastronomi per passione. Da 25 anni recensiscono a quattro mani ristoranti sulle pagine torinesi di Repubblica. Collaborano con varie guide gastronomiche nazionali e sono gli autori delle Guide i 100
+390110161808
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