Ci siamo stati per la prima volta 8 anni fa, ed era già sull’eccellenza, ma è da tre primavere che la cucina ha fatto un salto di qualità tale da porla tra le prime di Francia e oltre. Arnaud Donckele è in grado di coniugare la classicità tendente ad andare fuori dal tempo di un Pacaud con le aperture e lo slancio ideale di un Gagnaire. Come pure con la profondità nella conoscenza della materia edibile di un Passard, nel rapporto diretto, molto stretto, con i produttori.
Il marchio del grande cuoco sta però nella sua capacità di costruire piatti mai improvvisati, lungamente studiati negli effetti, con la complessità che assurge a valore. Ma nella voluta tendenziale immediatezza di lettura, poi, del risultato. Per dei piatti che sono nitidi, ben scanditi, dove nulla v’è di confuso. E, relativamente a quella che è la sua idea del ‘piatto’, o in generale di una particolare creazione, sempre in costante evoluzione: C’est la concentration d’une douzaine d’éléments qui construit un goût et permet de le restituer.
Per non parlare della maestria e originalità gustativa delle salse. Senza dover citare piatti (di mare, terra, terra e mare, vegetali e dolci - eccellenti) colpisce la ricchezza e la luminosità del gusto. «Sono un artigiano della complessità» dice di sé il cuoco. «Non voglio fare volumi, né piatti riscaldati, né bistronomia». Al centro del ristorante c’è la cucina, non l’ambiente tutto (ma l’ambiente è super e il servizio con Di Tullio è magistrale), né la cosiddetta esperienza. Tutta musica per le orecchie di chi ha a cuore la cucina come arte. Qui non c’è dubbio.
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Ristorante con camere
ligure, nell'attesa di ciò che mangerà talvolta scrive di ciò che ha mangiato: buono da scrivere, buono da mangiare