La Limonaia è un luogo accogliente tra i condomini a dieci piani del limitare occidentale della città. Cesare Grandi è un autodidatta, uno di quei maledetti cuochi che provano sulla pelle degli avventori il limite del loro talento, spesso esiguo quanto la capacità di autocritica. Ma quando gli autodidatti hanno talento per davvero, e sono dieci su mille, prendono strade personali, imboccano percorsi impervi, fatti di errori e delusioni, che li portano in luoghi che era difficile prevedere. Così è difficile dire ora quale sarà la destinazione finale della cucina della Limonaia ma, se pure fosse quella di oggi, sarebbe un grande viaggio.
Il ristorante è cresciuto un pezzo alla volta, con investimenti di tempo e di denaro; la cucina, intesa come luogo fisico, era un piccolo anfratto in cui i cuochi sgomitavano e ora ha spazi ampi e luminosi; la sala, arredata con gusto, si è raffinata; il dehors ha nuove pergole e nuovi bracieri ma ciò che è davvero cresciuta è la cucina che ora definitivamente scorre su una base affidabile e continua e improvvisamente fa balzi verso l'alto.
La sopresa può essere ovunque, negli "starters" - ad esempio la Paratha, cioè un pane sfogliato di farina e anacardi, con pecora, stracchino di capra, peperoncino fermentato - o nei primi - il risotto con camoscio, mirtilli, grué di cacao e timo - ma nulla del resto è banale, non l'equilibrato scampo con i nervetti, la prugna e l'insalata di erbe aromatiche, non il gustoso e colto filetto di daino alla Wellington. I bravi cuochi autodidatti sono la redenzione di tutti gli altri.
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Tavoli all’aperto
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avvocati di professione e gastronomi per passione. Da 25 anni recensiscono a quattro mani ristoranti sulle pagine torinesi di Repubblica. Collaborano con varie guide gastronomiche nazionali e sono gli autori delle Guide i 100