Non è stato facile all’inizio, più o meno 8 anni fa, ma Estro è la prova provata che la passione, la qualità, la capacità di differenziarsi (mica uno scherzo in una città con centinaia e centinaia di insegne, adesso anche parecchie di buone) alla fine pagano. Ci si passa parola, si racconta di una cucina fresca, anche semplice, se vogliamo, eppure contemporanea, scelta accurata di materie prime e fornitori, una orgogliosa, impagabile venezianità, quella vera.
Ci si entusiasma per una carta dei vini (moltissimi dei quali in bella mostra alle pareti) che anno dopo anno si allunga e si allarga ed è fra le più sfiziose in città, potente nel settore dei cosiddetti “naturali”, il grande amore di Dario (dare un’occhiata al geniale podcast “Guarda mamma, senza solfiti”, uno spasso, ma fra una battuta e l’altra, anche una bella scuola per chi volesse capirne di più. O per chi era convinto di saperne, e invece…).
Cucina di mercato, di orto, di insaccati fatti in casa, di verdure e frutta caricate in barca e scaricate a dieci metri dal locale, di preparazioni piene di gusto e sostanza. Uovo di montagna con ratatuia e spuma di formaggio caprino, Risotto cardi, seppie al nero e buccia di limone, Passatina di ceci con rosolina, crostacei, molluschi dell’Adriatico.
Non male, eh? Ambiente piccolo, bello, moderno e, insomma, si sta bene. Anche quest’anno, impossibile, prima del congedo, non citare i tramezzini. In una città che del tramezzino ha fatto un suo vanto, questi sono tra i migliori e la piccola esposizione che cattura lo sguardo appena entrata è una tentazione irresistibile.
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veneziano, giornalista, una vita dedicata allo sport da inviato (e adesso da appassionato e tifoso), cura da dieci anni "Gusto", la pagina di enogastronomia del Gazzettino di Venezia