Mauricio Zillo è arrivato in Sicilia, si è fatto una passeggiata e ha inventato una cucina. Con la lucidità e la curiosità di chi è completamente libero dall’incombente - e talvolta ingombrante - sovrastruttura di qualunque tradizione, ha sgranato gli occhi sull’isola così come è adesso, non come tutti ci raccontano che è stata, ha attraversato ogni curva, indagato persino negli angoli dove più nessuno guardava, per arrivare a dire: “Qui, l’unico ingrediente che non è siciliano è lo zucchero”.
Ad appena un anno dal suo arrivo nel cuore più antico di Palermo, dopo un luogo peregrinare europeo e un’indimenticabile sosta milanese tra Pont de Ferr e Rebelot, è così che lo chef brasiliano ha trascritto nel suo menu il codice di un “nuovo Mediterraneo”: te lo racconta quando a fine pasto ti porta un dolce fatto con Mango di Sant’Agata di Militello e alloro, croccante di caffè e gelato alle olive nere, per dimostrarti che questa terra sta cambiando, stanno cambiando i climi e i suoli, e adesso è proprio vero che qui sull’isola il mango cresce accanto all’alloro e qualcuno ci sta facendo crescere anche il caffè.
Ma qui ci si arriva solo dopo un lungo sali e scendi di montagne russe che Zillo pilota con la ribellione della disciplina, tra soste indimenticabili come il Melone di Paceco con paté di fegatini, Marsala e maionese di ostriche o il Pollo di Linguaglossa con fichi e melanzana.
Lo asseconda egregiamente Laura Carollo (maitre dell'anno per noi di Identità) e i vini rari selezionati da Gian Marco Iannello, in una squadra che Franco Virga vuole sempre più ambiziosa e audace.
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Tavoli all'aperto
modicana, giornalista, sommelier, founder di Condire Digitale. Attraversa ogni giorno le strade del “continente Sicilia” alla ricerca di storie legate alla cultura del cibo e del vino. Perché ogni contadino merita un romanzo