Opera, è ingegno; applicazione dell’intelletto nel raggiungimento di un intento. Opera è creatività, dunque arte, una pièce che incanta, soprattutto quando l’arte in questione è la cucina. Torino accoglie felice l’insegna di chef Stefano Sforza e della famiglia Cometto, che insieme guidano un modello di ristorazione scevra da divismo e motorizzata da puro lavoro di squadra a beneficio dell’ospite: felice anch’esso. Dall’apertura nel 2020, Sforza è riuscito a costruire una proposta gastronomica solida e convincente che, da un lato segue l’impulso contemporaneo della sua creatività e intelligenza palatale e, dall’altro, investiga l’uso totale di un ingrediente stagionale. Con dei tasselli ricorrenti: la frutta non si mangia a fine pasto, ma durante l’intero percorso. E questa non è una fuga esotica, ma brio, una combo di dolcezza, acidità e consistenze diversificate che si congiungono nella percezione finale sul palato. Punto due: Opera non offre una cucina piemontese, eppure offre uno spaccato locale ed etico, nel senso che gran parte della materia prima ha una provenienza davvero prossima senza che, però ci si definisca paladini spietati del green (e questo solo perché alcuni passi richiedono tempo).
Punto tre: leggerezza e intensità senza mai ricorrere a un uso eccessivo di grassi; prevale la freschezza, oltre che la possibilità di leggere in ciascuna creazione l’evocazione di una fotografia nella mente. E leggera è anche la sala, a cui vi consigliamo di affidarvi per inusuali abbinamenti a base di cocktail e tè. Sì, da Opera si sta proprio bene.
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classe 1991. Irpina. Si laurea in Lingue e poi in Studi Internazionali, ma segue il cuore e nella New Forest (Regno Unito) nasce il suo amore per l'hospitality. Quello per il cibo è acceso da sempre. Dopo aver curato l'accoglienza di Identità Golose Milano, oggi è narratrice di sapori per Identità Golose. Isa viaggia, assaggia. Tiene vive le sue sensazioni attraverso le parole.