Se la domanda "perchè fermarsi" la rivolgete al patron, Gp Cremonini, un passato da musicista itinerante, fra l'oceano e Parigi, la risposta è sussurrata: "Perchè fermarsi qui vuol dire volere bene a se stessi". Risposta di parte, certo, ma non campata in aria, tutt'altro. Con il Canale della Giudecca a due metri dai tavoli, l'affascinante Molino Stucky di fronte, una Venezia che in questa zona è viva ma meno rumorosa che altrove e un turismo meno invadente, la cartolina è perfetta, e la tentazione di indugiare, fra una chiacchiera e l'altra, è difficile da vincere. Se anche l'occhio vuole la sua parte qui non può proprio lamentarsi.
Scenografia a parte, il viaggio enogastronomico sta al passo, sia nella concezione della cucina sia nella sua esecuzione. La filosofia è quella del mangiare come "atto estremo", perchè quello che mangi entra a far parte di te e, quindi, deve essere buono al di là del gusto.
La sua realizzazione prevede ricerca, scelta di piccoli produttori (per le verdure, ad esempio, si attinge al progetto veneziano "Osti in orto", con un gruppo di ristoratori che si sono associati e hanno realizzato i propri campi nell'isola di Sant'Erasmo, nel cuore della Laguna), spesa al mercato di Rialto o da pescatori amici. Nei piatti si alternano Risotto alla robiola e limone salato con brodo di arrosto e Tartare di branzino selvatico, emulsione di ostriche e l'ormai famoso dessert Questo non è uno sneakers: bisquit, ganache al cioccolato, caramello e peanuts.
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veneziano, giornalista, una vita dedicata allo sport da inviato (e adesso da appassionato e tifoso), cura da dieci anni "Gusto", la pagina di enogastronomia del Gazzettino di Venezia