L’anno zero del fine dining in Serbia è datato 2011, anno dell’apertura di un bistrot nel quartiere di Stari grad, Homa. Prima di allora, il panorama culinario che si poteva osservare dalla fortezza di Kalemegdan, si limitava a piatti generosi – nelle porzioni e nei sapori – di minestre (corba), involtini di foglie di vite (sarma), peperoni ripieni (punjena paprika), cevapcici e pljeskavica (polpette e ‘bistecche’ di carne macinata), innaffiati da bicchieri di rakija.
Ad un certo punto, dalla cucina al numero civico 19 di Zorza Klemansoa, a una tradizione fatta di influenze turche e austro-ungariche, lo chef Filip Ciric ha introdotto nuove memorie : le ore passate da bambino a fissare il forno durante la cottura del pollo, gli anni di apprendistato a Pirot (nel sud est della Serbia) in un ristorante che si approvvigionava barattando ingredienti, la formazione alla corte di statisti e uomini d’affari, le influenze Istriane, le sfide nei ristoranti francesi e giapponesi.
Il risultato è una cucina fatta di ingredienti semplici e saporiti, come il territorio e il gusto locale richiedono, che allo stesso tempo diventano unici perché frutto di un approccio al cibo meticoloso ed eclettico: per citare qualche esempio, le foglie di vite si arricchiscono di agnello, riso, limone, burro e miele; i peperoni vengono affumicati, essiccati e grigliati prima di ospitare un ragù di fagioli verdi mung e prugne, la lingua di manzo viene frollata 30 giorni prima di essere servita con salsa bordolese e gelato di senape.
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Tavoli all'aperto
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sangue siciliano, adora i gamberi rossi crudi e l’odore del soffritto di cipolla. Si occupa di marketing, intelligenza artificiale e hungryitalianintown.com