Il punto di partenza sbagliato per avvicinarsi a Matthew Kenney è di fermarsi alla sua anima vegana e crudista e di storcere la bocca per partito preso, non immaginandosi quanto ricco sia il suo mondo, in declinazioni che possono anche prevedere il fuoco (altrimenti, come cuoci una pizza?).
La sua visione è molto più ricca di quanto comunemente s'immagina sia la cucina vegana, tanto che lui usa questo termine sempre meno, preferendo il concetto di plant based ossia di cibo – e anche vino ma è scontato – a base vegetale. Grazie a lui è chiarissimo come sempre più esistano tre cucine che possono precedere, unite o distinte, nei modi e tempi più diversi: pesce, carne, frutta e verdura. Ora diamo per ovvio che un locale possa proporre senza scandalizzare solo cucina di mare, in futuro sarà così anche per le verdure.
Il Plant Food Wine di Los Angeles se ne sta a Venice, in una villetta bianca di medie dimensioni le cui due sale vanno superate per accomodarsi in giardino, raccolto a differenza ad esempio di quello di Miami che si sviluppa in tutt'altre forme.
Come sempre quando so cosa di eccellente mi attende, non mi sono posto limiti. Del resto, mica vi puoi tornare ogni giorno. Delizioso hummus affumicato come snack, quindi una Caesar Salad veg e un superbo Avocado toast per poi approdare a una Cacio e pepe di tagliatelle di alghe che merita un commento a parte perché a Roma insorgerebbero. La pasta ricorda l'inconsistenza sotto ai denti dei tagliolini cinesi, ma il gusto è nostro. Si deve cambiare scheda mentale. Kenney, comunque, ci porta in un altro universo gastronomico.
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nato a Milano nel marzo 1955, al Giornale per 31 anni dividendosi tra sport e gastronomia, è ideatore e curatore dal 2004 di Identità Golose.
Twitter @oloapmarchi