La storia di Alvaro Clavijo può rappresentare in modo efficace la nouvelle vague della cucina colombiana. Come racconta egli stesso, è cresciuto in una famiglia in cui per la cucina non c'era alcun interesse: nessuna nonna o mamma da cui farsi ispirare per un futuro da chef. Anzi, quando questa idea si fece strada nei suoi pensieri da ragazzo, la reazione dei suoi genitori fu negativa: conseguenza di come in quel momento non ci fosse una vera scena gastronomica nazionale.
Ma Clavijo ci crede lo stesso, va in Francia a a studiare, finisce a fare il lavapiatti in un ristorante per sbarcare il lunario e si innamora "di quella dimensione frenetica e rumorosa". Era la sua strada e ne era convinto. Studia a Barcellona, arriva a lavorare in insegne di livello mondiale come il Noma, L'Atelier de Joël Robuchon e Per Se. Proprio quest'ultima esperienza nuiorchese, l'ultima prima del rientro a Bogotà, è quella che considera la più formativa in assoluto per la decisione di aprire un proprio ristorante, in particolare dal punto di vista organizzativo.
Le idee culinarie sono invece legate alla riscoperta di una cucina veramente colombiana, nella rinascita di un orgoglio gastronomico che va di pari passo con la valorizzazione di un territorio ricchissimo di materie prime, per molti anni penalizzato dalla drammatica tensione politica interna. Applicare tecniche internazionali per valorizzare i sapori del suo paese, privilegiando sempre un approccio concreto, fatto di gusti intensi e di piatti immediati. In particolare nelle carni, Clavijo dimostra una mano felice e ispirata.
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giornalista milanese nato nel 1976, a 8 anni gli hanno regalato un disco di Springsteen e non si è più ripreso. Musica e gastronomia sono le sue passioni. Autore e conduttore di Radio Popolare dal 1997, dal 2014 nella redazione di Identità Golose.
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