Attenzione a non sbagliare portone, o forse potrebbe essere un’ottima idea: proprio sul cancello accanto c’è una targa semplice ed essenziale che dice Gaja. Non c’è bisogno di aggiungere altro. Dunque siete a un numero civico dal mito. Come abitare in Downing Street 9. Vicini di casa che possono mettere un poco di pressione, ma Manuel Bouchard – bravo cuoco dal cognome valdese, infatti proprio da Walter Eynard a Torre Pellice cominciò – è ormai abituato a dar da mangiare ai clienti da mezzo mondo, quelli che arrivano qui per saggiare i vini migliori del globo e accompagnarli con le icone piemontesi, “we want tajarin and nioloti”.
Nel suo elegante locale al primo piano – sobrietà, colori tenui, sottrazione – Bouchard ha capito quel che serve: rispetto per chi cerca i classici, una stissa di twist – ma una goccia, eh –, piatti molto belli all’occhio, che ormai gli standard internazionali codificano più l’occhio che il palato. Il risultato è diviso in partes tres, per chiarezza: In Langa è il percorso che traversa Albese, plin, guancia al barbaresco, bunet; Territorio gioca con la giardiniera e il pollo alla Marengo (proposto però come uno snack), con i Ravioli di mustardela e il Coniglio con i peperoni; il battistiano Innocenti evasioni si toglie e toglie lo sfizio di giocare con il mare (ci piacquero il risotto con barbabietola e ricci di mare), con citazioni, con gusti più decisi ma sempre con juicio. Siamo nella terra dell’esageruma nen, dopotutto.
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viaggia e mangia per Lonely Planet, Osterie d'Italia, Repubblica e la collana I Cento (EDT). Ha scritto "Dire Fare Mangiare" (ADD), "Cibo di strada" (Mondadori), "Il Gusto delle piccole cose" (Mondadori Electa) e “Qualcuno sta uccidendo i più grandi cuochi di Torino”, ama andar per trattorie e ristoranti di blasone portandosi dietro una moglie riottosa e due figli onnivori