Il ristorante Iris di Belgrado ha un sottotitolo: "New Balkan Cuisine". Nell’aggiungerlo, sembra quasi che Vanja sentisse il bisogno di affermare con decisione (ma rispetto) un'identità di rottura rispetto alla cucina tradizionale locale e, nell’utilizzare l’inglese, volesse rivolgersi a un pubblico più ampio – e per certi versi più indulgente – di quello serbo.
La location scelta, un appartamento dall’arredo moderno al primo piano di un vecchio edificio in una non troppo attraente via Sarajevska, a parte soddisfare i canoni ‘hipster’ della capitale serba, concorre a definire il contrasto e fa eco a un concetto, complesso per ambizione ed esecuzione, ma in realtà abbastanza semplice: una cucina al passo coi tempi, rinnovata mensilmente, che esplora con attenzione, curiosità ed orgoglio il territorio, ma distante dai classici ćevapčići (macinato di quarto anteriore di vitellona cotto alla brace), pljeskavica (un ‘hamburger’ con due tipi di carne) e sarma (involtini di cavolo).
Una cucina che cammina per le foreste della Šumadija allo scopo di creare un mix delicato di funghi, che si inoltra nelle valli della Vojvodina per la preparazione del burro, che si avventura sul Rtanj per raccogliere il tè da aggiungere al consommè di carne e che vaga per i Balcani da nord a sud, da est a ovest, alla ricerca delle setole arricciate dei maiali mangulica e del sapore deciso dei bovini busa. A completare l’offerta gastronomica, le note erbacee di un Sauvignon sloveno, i frutti rossi di un Prokupac serbo e i profumi di albicocca di una vendemmia tardiva.
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sangue siciliano, adora i gamberi rossi crudi e l’odore del soffritto di cipolla. Si occupa di marketing, intelligenza artificiale e hungryitalianintown.com