Si chiama Brace questo ristorante, sì. Ed è guidato da uno chef-patron italiano e da una brigata in larga parte italiana. Ma le cose non sono così semplici e lineari. Intanto si scrive brace ma si legge breis, all'inglese: il nome infatti sta a indicare un supporto metallico che si usa in edilizia per tenere compatte le fondamenta di un edificio, suggerito dalla compagna mezza tedesca e mezza americana di Nicola Fanetti. Poi lo chef è arrivato qui a Copenhagen non certo per aprire un ristorante classicamente italiano, anche se per qualche anno ne ha guidato uno, con anche una stella Michelin.
In Danimarca, ormai quasi 8 anni fa, lui ci venne seguendo le orme della new nordic cuisine di René Redzepi e di Christian Puglisi. Il locale è in pieno centro della città, elegante, informale, contemporaneo. Il servizio è attentissimo e competente. E la cucina davvero interessante, soprattutto perché nonostante il legame di Fanetti con l’Italia sia forte, lo stile non è affatto italiano. Esempio perfetto sono i Ravioli del plin ripieni di ricotta affumicata, con lardo e santoreggia.
L’estetica può sembrare tutta italica, ma il gusto porta altrove: sia per il tono affumicato del ripieno, che per il lieve e gradevolissimo aroma lasciato dall’aceto di mirtillo con cui viene fatto sfumare il lardo (prodotto in Danimarca da un artigiano che ripropone le tecniche della norcineria classicamente italiana). Brace è una splendida dimostrazione di come elementi, influenze, tradizioni anche molto diverse tra loro, potenzialmente confliggenti, trovino nel dialogo nuova forza e intensità.
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giornalista milanese nato nel 1976, a 8 anni gli hanno regalato un disco di Springsteen e non si è più ripreso. Musica e gastronomia sono le sue passioni. Autore e conduttore di Radio Popolare dal 1997, dal 2014 nella redazione di Identità Golose.
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