Il sushi è la più sottile delle forme artistiche della cucina giapponese. Così elegante nella sua apparente semplicità, il sushi, con i suoi piccoli pezzi, dà armonia ai sensi. Come qualsiasi shokunin (artigiano) di sushi vi dirà, la chiave di questa arte non è semplicemente avere a disposizione dell’ottimo pesce, ma è soprattutto trovare il perfetto equilibrio di sapori, consistenze e temperature, assicurandosi allo stesso tempo di garantire un'esperienza unica per ogni cliente.
“Utilizzare le tecniche adeguate per migliorare la qualità naturale del pesce è l'essenza del sushi edo-mae”, spiega Takaaki Sugita. Nel suo omonimo ristorante, con soli 13 coperti, Sugita utilizza una gamma di preparazioni tradizionali (la salatura, la marinatura e la salamoia) che sono state sviluppate nel 1800 a Edo (l’antico nome di Tokyo) come metodi di conservazione, prima dell'invenzione della refrigerazione. Oggi queste tecniche vengono utilizzate per accentuare i sapori.
Lo chef ha anche introdotto diverse innovazioni e si è specializzato nella stagionatura del pesce. Il processo, che porta alla rottura delle fibre di tessuto e aumenta l’umami, esalta la ricchezza burrosa di un pezzo di palamita e la texture vellutata di una sardina affettata sottilmente. Ad ogni modo, il suo piatto forte è il Cremoso paté di ankimo (fegato di rana pescatrice), immerso nella salsa di soia dolce e con un tocco di wasabi - l’accompagnamento perfetto al saké.
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giornalista americana, vive a Tokyo e gira il mondo scrivendo di cibo, sake e vino. Columnist del Japan Times, collabora con Newsweek, CNN, Gourmet Sweden, Wall Street Journal.
Twitter: @melindajoe