Filologia di cucina ligure: chiedere a Giorgio Servetto, chef del meraviglioso Nove a Villa della Pergola, del quale avevamo già parlato (bene) qui. Filologia di cucina ligure significa innanzitutto lavorare con prodotti come le amarene di Stellanello, le olive taggiasche, il preboggión, la ricotta di pecora brigasca, la zucchina trombetta d'Albenga, le acciughe o i totani di Alassio, il pollo, l'amaretto e il porcino del Sassello, i gamberi viola di Sanremo, i formaggi del Beigua, il basilico di Prà, l'aglio di Vessalico... Insomma: raccontare la regione attraverso le sue eccellenze gastronomiche non sufficientemente valorizzate.
Servetto al Nove se ne fa interprete fecondo, con particolare attenzione per quella Liguria terragna, dunque fedele alle proprie radici culinarie che lo chef interpreta con contemporaneità. È un'identità che si caratterizza per la soavità, la sfumatura leggera: vegetale, aromatica, fatta di nuances e di finezza (che mai significa mancanza di sapore: semmai, golosità accarezzata).
Così, ad esempio, nella Battuta di Fassona, lardo maison, funghi sanguinelli alla brace, prezzemolo, aglio, olio, chips di patata non mancano certo gli elementi muscolosi, ma l'insieme è squisitamente armonico; o nel dolce-acido-umami-amaro di un appetizer di gran qualità, Fegatini di coniglio, glassa di amarene di Stellanello; o nelle due versioni della capra, ossia Capretto arrosto, fricassea della sua pancia e spalle, animelle, finferli, patate novelle, fondo di capretto e timo e Capra dei Pirenei e fagioli di Pigna. Una migliore dell'altra (noi preferiamo la prima).
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classe 1974, giornalista professionista, si è a lungo occupato soprattutto di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa esattamente l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta sui viaggi e sulla buona tavola. Caporedattore di identitagolose.it