Nomen omen. Il locale dello chef Luca Tomasicchio, avvocato e designer mancato (e anche questo si ritrova tutto nell'arredo minimal, ma curato in ogni dettaglio, compresa la cucina veramente a vista, o meglio inserita nel locale come se fossimo a casa di amici, senza barriere) riassume la scelta del titolare, che è quella di fare tabula rasa di tutti i preconcetti e i retaggi, per concentrantrarsi sul contenuto e la filosofia di cucina: contemporanea per ridefinire i piatti della tradizione.
Il risultato è di fulgente piacevolezza e sorprendente attualità, nella scelta delle materie, dei piatti, delle cotture e degli impiattamenti, molto curati e caratterizzati da estro e fantasia cromatica. Abbiamo ritrovato la mano dello chef nella tagliatella di seppie ai profumi d’oriente, mela, liquirizia e sesamo, negli spaghetti trafilati, bottarga e foglie di cappero e limone salato e infine nel piccione, paté di fegatini e fegato grasso, caffè, muscari in agrodolce, tutti piatti disarmanti che ti costringono ad un approccio libero da sovrastrutture, il gioco però riesce alla perfezione e il risultato è piacevole se la sensazione, al momento di andarcene è quella di voler ritornare.
Tanta cura e passione anche nei dolci. Se siete appassionati scegliete fiduciosi la selezione di formaggi. Bonus per la doppia carta dei vini, con una selezione importante di etichette al calice a prezzi a volte davvero convenienti.
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Tavoli all'aperto
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cronista che ama la fotografia, cucina spesso per gli amici, cui offre sempre del buon vino. Vorrebbe morire viaggiando