A onta delle sue numerose attrattive - i mosaici bizantini della basilica di Sant'Apollinare Nuovo e la tomba di Dante Alighieri, solo per citare due degli otto monumenti Unesco - la città di Ravenna è stata preda, negli ultimi anni, di una certa silente stagnazione, anche da un punto di vista grastronomico.
A riabilitarne le sorti è, da qualche tempo, l’Alexander, dal nome di quello che, un tempo, fu un cinema, e oggi è il regno Mattia Borroni, giovane chef di origine milanese, qui trapiantato grazie all'intuito, e alle disponibilità, di una coppia di visionari, al secolo Sante Milandri e la moglie Pia. I tre, da qui, scrivono oltre alla propria storia anche il riscatto di una città.
Così all'Alexander si gustano piatti "uni e trini", nel senso che dalla combinazione di massimo tre ingredienti fan scaturire un senso di unità, di coerenza, e, per dirla con una parola, di concetto, davvero efficaci. Le basi, del resto, sono quelle della grande scuola francese, di cui Borroni si serve per concedersi il lusso di trattare anche materie esotiche o desuete - un piatto su tutti, il Cuore di baccalà "salato da noi", latte di cocco, bergamotto e lattuga - che colpiscono per la pulizia e la linearità dei sapori, senza rinunciare a veicolare un'idea di fondo di puro e semplice comfort.
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Tavoli all’aperto
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articolo a cura degli autori Identità Golose