Non smette mai di stupire la capacità di Michele Farnesi di elaborare articolati menu in una lillipuziana cucina. Non usa scorciatoie e, con intelligenza e maestria, sfiletta, disossa, discerne, mette in valore ogni elemento: la sera, una sfilata delle parti nobili, a pranzo preparazioni semplici ma capaci di elevare parti povere come le frattaglie. Le sue composizioni si contraddistinguono per l’eufonia che risuona in ogni singolo piatto e armonizza l’intero svolgersi del menù; giocando tra delicatezza e golosità e bilanciando le note opulente con freschezza e acidità, rende gli accostamenti più inaspettati evidenti all’assaggio, come per il merluzzo con ostrica, cavolfiore arrostito e cren.
Sperimenta con successo la maturazione delle carni con la Costata di Blanc d’Auvergne, frollata 120 giorni, con crema d’aglio dolce, salsa verde e nocciole. Testimone di un’italianità non declamata ma lasciata trasparire con discrezione, la pasta: non solo a pranzo, con goduriose linguine al ragù di scorfano, ma anche la sera, nei suoi classici piccoli ravioli; ottimi quelli farciti di zucca, con gamberi crudi e frutto della passione, serviti con zuppa di pesce. La cantina, curata da Mirko Favalli, conta ben 350 etichette tra Francia e Italia.
Introdotto all'alta cucina da Fulvio Siccardi (già Conti Roero, Monticello d'Alba) Michele lavora poi con Stefano Catenacci (Operakällaren, Stoccolma) e Massimo Bottura. Nel 2012 arriva a Parigi: da Saturne di Sven Chartier, da Rino di Giovanni Passerini, all'hotel Thoumieux di Jean-François Piège e da Heimat di Pierre Jancou. Nel 2015 apre Dilia.
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matematica per caso, gastronoma per passione, ama girare il mondo - tra convegni di matematici e congressi di chef - per raccontare storie di cibo e dei suoi appassionati e appassionanti protagonisti