Il quartiere è il modaiolo e frizzante Raval, l’edificio modernista quello che una volta ospitava il birrificio Moritz, ristrutturato una decina di anni fa dall’archistar Jean Nouvel. Qui, nello splendido appartamento al primo piano una volta della famiglia Moritz, tra affreschi d’epoca e installazioni d’arte moderna (finti scheletri di balena appesi al soffitto piuttosto che enormi provette piene di liquidi alle pareti), troviamo il fascinoso, minimalista e postindustriale regno stellato di Jordi Vilà, ex allievo di Joan Piqué e Jean Luc Figueras.
La gastrofilosofia di questo chef che ha osato perfino aprire una trattoria italiana (durata poco) in città? In apparenza, semplice: ogni piatto, rigorosamente a base di prodotti locali di piccoli produttori o fornitori, deve partire da una tipica ricetta catalana. E se per caso non lo fosse, lo si “catalanizza” a dovere con aromi, sapori, texturas o colori locali. Da questo presupposto nascono sorprendenti e cerebrali interpretazioni g-astrofisiche tipo Calamaretti ripieni di budino di nero di seppia, Carciofo farcito di tonno, caviale e olivello spinoso, Granchio con salsa di limone e fumetto di pesce al cavolo rosso. E che dire allora dell’illuminata abbinata “Mar i muntanya”, ostriche e cervella (di vitello)?
Se però volete conoscere la più verace anima catalana di Vilà, prenotate da Al Kostat, in una sala dello stesso spazio che condivide la stessa cucina: un simpatico bistrot con ottime tapas e ricette localpopolari ai massimi livelli, tra pasta al forno, paella di triglia e soavi piedini di maiale in umido.
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articolo a cura degli autori Identità Golose