Salvatore Vicari ama il teatro. No, non solo quello che amiamo tutti ovvero l’espressione estetica, artistica e culturale che il teatro rappresenta, ma anche il processo, lo spazio, la tecnica, l’illusione, la precisione della macchina teatrale, sua seconda grande passione dopo la cucina. E giacché poche cose si influenzano e si mescolano velocemente come le grandi passioni di ogni uomo, ecco che nella sua cucina avanzano soprattutto quell’illusione e quella precisione: un imponente lavoro dietro le quinte per un elegante risultato sulla scena.
E in mezzo, il suo affascinante, convincente racconto. In questa intima ed elegantissima sala nel cuore barocco della città, lo si può leggere in piatti densi ed evocativi come Il principe e il pollo, in cui Vicari ricostruisce attraverso gli ingredienti la favola riscritta da Moni Ovadia: attorno al protagonista, un pollo ripieno alla maniera tradizionale, trovano posto gli elementi della terra su cui cammina - carotine, crema di rapa rossa e sambuca, biete - e quelli - mele cotte nel passito e ristretto di Marsala - che sarà capace di raggiungere quando si alzerà.
Un piatto simbolo anche della cucina di ecosistema che Vicari da anni teorizza e concretizza, affidandosi alla saggezza di una rete fidata di piccoli produttori, insieme a cui nascono piatti intramontabili come i tortelli ripieni di ricotta di pecora su crema di mandorle di Noto o lo sgombro sul fuoco con la giardiniera.
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Tavoli all'aperto
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modicana, giornalista, sommelier, founder di Condire Digitale. Attraversa ogni giorno le strade del “continente Sicilia” alla ricerca di storie legate alla cultura del cibo e del vino. Perché ogni contadino merita un romanzo