Matteo Baronetto è oggi uno dei maggiori chef italiani in assoluto: non solo perché cucina divinamente, ma anche perché propone una linea di sviluppo, un percorso, una prospettiva. La sua altissima cucina è di eccellenza, soavità, capacità di costruzione davvero rare, quasi uniche. Il suo percorso più recente si compone di elementi di puro virtuosismo che rimandano a concetti - il minimalismo, la tecnicità solo sussurrata, la centralità del prodotto intesa non solo come rispetto, ma vera sua sublimazione - costituivi di una definizione possibile di alta cucina contemporanea. Eppure ben radicati nella sua evoluzione personale.
Semplifica, Baronetto. In questo seguendo una strada di altri. Ma nel farlo agisce per intuizioni pure, trovate d'ingegno che lui, gran pensatore non tanto di modelli ma di suggestioni palatali, sviluppa in trovate meravigliosamente edibili. Rielabora, studia, analizza. È cerebrale, quasi sofferto, ma solo nel metodo, non negli esiti: percepisce il piatto, gestisce il sapore, maneggia la materia. Poi - ecco il talento cristallino - se ne esce con piatti come Zucchine bombetta e avocado. Il genio è nell'accostamento semplice - e appunto intuitivo - di elementi. E qui sta il gioco, scorciatoia con la quale Baronetto si propone di destrutturare l'ampollosità dell'haute cuisine in straordinari ghiribizzi d'immediata fruizione, ma anche di raffinatezza senza pari. Traspare, a chi la sa cogliere, la loro natura profonda, che è pura eleganza. Insieme, cerebrale e didascalico: una rappresentazione del fine dining contemporaneo e, forse, prossimo venturo.
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Tavoli all'aperto
classe 1974, giornalista professionista, si è a lungo occupato soprattutto di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa esattamente l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta sui viaggi e sulla buona tavola. Caporedattore di identitagolose.it
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