Luca Fantin racconta al Giappone il cuore dell’Italia e agli italiani a cui capita di arrivare fin qui - sulla vetta della Bvlgari Ginza Tower a Tokyo, nell’eleganza di una sala da cui si ha la sensazione di volteggiare sulla città - offre uno sguardo inedito sulla propria cultura, che resta primigenia e solida nel confronto con materie prime “altre”, talmente altre da generare una contaminazione sintetica emozionante.
Sin dal suo approdo in Oriente, infatti, la decisione dello chef trevigiano è stata quella di usare tutto il patrimonio di tecnica italiana che si portava dietro al servizio delle materie giapponesi (ad eccezione della pasta, s’intende). Inchinandosi umilmente al cospetto di questa monumentale tradizione gastronomica e calandovisi dentro per impararla senza dimenticare le sue origini, Fantin ha dato vita ad una sua cifra esclusiva, crescendo come un vero e proprio cuoco dei due mondi.
Il menu che porta il suo nome è una sequenza che rimane scolpita nella memoria proprio per questa leggibilità del rapporto tra materia e tecnica, dal decollo italiano con Spaghetti con salsa di peperoni e granchio e Risotto cucinato nel parmigiano coi funghi shiitake, all’atterraggio nipponico con gli Scampi con asparagi verdi e salsa di pomodoro e il Caviale, equilibrata architettura dell’ecosistema marino. Chiudono il cerchio della cucina di Fantin non solo una sala inappuntabile, con la migliore Italia del vino ben custodita in cantina, ma soprattutto l’onirica pasticceria che ha l'impronta Fabrizio Fiorani, tornato però da poco in Italia.
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modicana, giornalista, sommelier. Attraversa ogni giorno le strade del “continente Sicilia” alla ricerca di storie legate alla cultura del cibo e del vino. Perché ogni contadino merita un romanzo
Luca FantinBrasato non brasato con verza e maltagliati
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