Né le trattorie, né i grandi ristoranti (con le dovute eccezioni): la specialità torinese sono i locali garbati, in cui si mangia bene, accessibili a quasi tutti i portafogli. Il Contesto Alimentare è un esempio perfetto di questa categoria: una piccola sala candida, luminosa, affacciata su una via piuttosto tranquilla (eccezion fatta per il fracasso degli autobus Euro -10), pochissimi coperti, un menu divertente, un socio in sala, Matteo, che se ne intende di vini e sorride, una socia in cucina, Francesca, che cucina per passione, con l’amore e la dedizione di un’amica.
Quando hanno avviato questo piccolo progetto i due erano giovanissimi e son pur sempre giovani adesso, e si vede nella freschezza, nei sorrisi, nella voglia di giocare con il menu. L’ultimissimo, per dire, è diviso non per portare ma per temi: “Gran Torino” sono i piatti ispirati al celeberrimo “territorio”, “Melting Pot” sono quelli che incrociano il Piemonte con le tante culture presenti non solo in città ma nello stesso condominio della cuoca (alcune ricette sono proprio ispirate dai vicini di casa), “Italian Job” sono i must della penisola cui ormai nessuno vuole più rinunciare.
Poi, certo, uno può saltare di qua e di là, passando magari da una fassona battuta al coltello agli gnocchi di patate di montagna dell’alta val di Susa con fonduta di gorgonzola e fave di cacao tostate per finire con una parmigiana. Il Piemonte, il mondo, l’Italia: che importa, basta che siano cose buone. I prezzi, si diceva, sono quelli di una trattoria: degustazione a 25 e 35 euro, alla carta nel mezzo della forchetta.
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viaggia e mangia per Lonely Planet, Osterie d'Italia, Repubblica e la collana I Cento (EDT). Ha scritto "Dire Fare Mangiare" (ADD), "Cibo di strada" (Mondadori), "Il Gusto delle piccole cose" (Mondadori Electa) e “Qualcuno sta uccidendo i più grandi cuochi di Torino”, ama andar per trattorie e ristoranti di blasone portandosi dietro una moglie riottosa e due figli onnivori