E non m'annoio, canta Leandro Luppi, vecchia volpe della cucina italiana, per rispondere alla domanda chiave che gli abbiamo rivolto: come riesci, ormai festeggiati ampiamente i 20 anni della tua Vecchia Malcesine - l'apertura è datata marzo 1998 - a essere ancora così fresco, a proporre una cucina in costante ricerca di novità e stimoli? (Ha pure denominato il percorso degustazione più lungo R-evolution, l'altro annovera invece i "classici" e costuituisce l'ossatura anche della scelta alla carta).
Il divertimento come chiave di volta anti-age, dunque: si diverte lo chef, classe 1961, calato nella splendida Malcesine dalla natia Bolzano; si diverte a maggior ragione il commensale, perché Luppi non propone solo un'ottima tavola, ma cerca l'originalità, quel fattore in più che arricchisce il piatto intanto di sorpresa, poi anche di concetti. «Il nostro errore, di noi italiani intendo, è sempre stato quello di cucinare troppo alla francese. Così finiamo sempre con il proporre gli stessi piatti. Invece c'è un mondo là fuori».
Lui lo scandaglia con l'abilità tecnica e la brillantezza di idee che ciascuno gli riconosce. Ultimamente si svaga anche elaborando ricette che richiamino il mondo dell'arte, come Rosso 1964 dedicato ad Alberto Burri (carpaccio di anguria marinata, bottoni di rapa rossa, tofu, nocciole tostate, yogurt, aceto balsamico) o Lu(c)cio Fontana, ovvio il riferimento (un velo di luccio e seppie, con gli opportuni tagli, sormontato da telline, a nascondere del luccio marinato). È il frontman dell'haute cuisine di quest'area, ora appetita anche da qualche collega.
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classe 1974, giornalista professionista, si è a lungo occupato soprattutto di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa esattamente l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta sui viaggi e sulla buona tavola. Caporedattore di identitagolose.it