Ogni anno Salvatore Tassa riconferma la sua natura visionaria, da artista e, a 64 anni, da ragazzo entusiasta. Oltre che di cucina, si nutre di ingredienti, di cotture e anche di “prospettive”, come disse il fantacritico Anton Ego nel film “Ratatouille”. In questo caso le prospettive sono quelle che riguardano l’identità dello chef del futuro e che per Salvatore si riassumono in etica, conoscenza, “planetarietà” per dirla con un suo neologismo. Lo chef da oggi in poi ha una grande responsabilità: uscire dal suo territorio, non rintanarsi nel suo campo di meravigliosi ingredienti, da difendere a tutti i costi insieme alla sua filosofia, ma andare incontro al mondo.
Come negli attuali movimenti per il clima, è venuta l’ora che i cuochi, divenuti garanti della salubrità, territorialità e unicità del cibo, si uniscano per non cadere vittima dell’individualismo ma sfamino il mondo, realmente, unendo visioni e culture. Questo è la chiamata alle armi metaforica di un uomo di genio che non ha mai paura di dire ciò che pensa. Il suo ristorante di Acuto diviene, quindi, teatro di una cucina che mira alla conservazione del prodotto e dei suoi sapori e profumi: Osmosi, fermentazione, estrazione questi sono i concetti principe, riassunti in un menu concettuale di nome Opera.
Così, la sua sala da pranzo è “un'onesta casa di campagna” dove ritrovare dignità, fiducia nel futuro e un pezzo anche della nostra anima che non ci ha ancora deluso ma che ci dobbiamo impegnare a non tradire, unendo le forze perché, da soli, non si va da nessuna parte.
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da vent'anni (e oltre!) si occupa di comunicazione e marketing enogastronomico e alberghiero. Ha scritto per L'Espresso ed è docente per scuole di specializzazione post lauream