«Vi consigliamo di assaggiare la pietanza entro 5 secondi dal servizio. E di prendere i nigiri con le mani. Il pairing prevede solo sake». Siedi al bancone da 10 persone di Kohaku e il sospetto di essere capitato bene arriva già dalle istruzioni di benvenuto del sushi master. La raccomandazione di non perdersi in chiacchiere o foto, l’assenza di bacchette per lunghi tratti e di calici di vino fanno di questa tavola nelle retrovie di Vittorio Veneto un degno epigono dei ristoranti di edo-mae-zushi del Giappone, voluto dall’imprenditrice bresciana di origini cinesi Sabrina Bai.
Il menu degustazione al banco di Kohaku, “ambra” in giapponese, è il punto forte dell’impronta kaiseki, con la mirabile sequenza da 10 nigiri: ogni pezzo esprime le giuste proporzioni pesce/riso e soia, chicchi che quasi non si vedono perché sovrastati dal pesce sfoggiano una tenue acidità e sono separati da una quantità d’aria sufficiente a rendere lieve l’assaggio. Spigola e shiso, Ricciola e polvere di yuzu, Mazzancolla, Tonno bluefin, Scampo e Ikura, Gunkan di ricci di mare, Wagyu marezzatura A5, Ventresca e gambero rosso e Temaki di anguilla laccata… Paradiso.
laurea in Filosofia, coordina i contenuti della Guida ai Ristoranti di Identità Golose, collabora con varie testate e tiene lezioni di gastronomia presso scuole e università. Instagram @gabrielezanatt
+390664760753
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