Welcome everybody, I hope you enjoy the shit show. Gaggan Anand da Calcutta è tornato. Non cucina più nella villa coloniale di Soi Langsuan – la sede che gli garantì 4 titoli consecutivi di miglior ristorante d’Asia e 2 stelle Michelin – ma in una stradina defilata di Sukhumvit, l’arteria più trafficata di Bangkok, metropoli a strati à la Bladerunner. Ora c’è un unico banco da 14 coperti, accessibile da giovedì alla domenica in 2 servizi serali (ore 17.30 e 21). Per accaparrarseli occorre agire d’anticipo perché il sold-out, come quello dei rocker, è rischio concreto. Una volta seduti, plana il degustazione unico, un lenzuolone di 22 portate, riassunte da altrettanti emoji e qualche scarna parola.
Tanto a parlare penserà Gaggan per due ore e mezzo, un monologo sulla sostenibilità («parola vuota»), il km zero («ecco il cervello di topi») e gli stereotipi violati della cucina indiana. La sequenza che inizia con l’esplosione (lo yogurt sferificato, simbolo di sempre) non può che chiudersi con un incendio (la fiammella da leccare). In mezzo, piatti non instagrammabili (la melanzana bagara), satay kebab, methi malai e materie prime meno posh di sempre.
Uno spettacolo in cui la parte non commestibile ha la stessa importanza del cibo: i vini – soprattutto naturali, dall’est Europa di Vladimir “Drula” Kojic –, luci fluorescenti e la colonna sonora, urlata da casse e amplificatori come e più di prima. Pink Floyd, Roger Waters, Santana, Rihanna, Foo Fighters, Rammstein… Fasten your seat belts and get excited.
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laurea in Filosofia, coordina i contenuti della Guida ai Ristoranti di Identità Golose, collabora con varie testate e tiene lezioni di gastronomia presso scuole e università. Instagram @gabrielezanatt