La schietta anima del North Abraxas si intuisce in un preciso istante del rituale del pasto, ovvero quando il cameriere, ormai avviatosi verso la cucina con la comanda appena completata, si rigira inaspettatamente verso il tavolo scagliandovi sulla superficie una manciata di sale grosso. Da lì in avanti il servizio si articola ritmicamente in verdure grigliate o insalate appena condite, servite direttamente su carta paglia, enormi pentole a centro tavola in cui affondare il cucchiaio o pezzi di pita, ma anche qualche piatto in ceramica che fa la sua comparsa nei momenti meno aspettati, mantenendo comunque integra la leggera informalità (ma non casualità) del pasto. Tra questo servizio estremamente fisico e l'ambiente curato e contemporaneo perfettamente in linea con il volto di Tel Aviv, si fonda lo scarto di percezione da cui esplode la vivace quintessenza del ristorante.
Quella del North Abraxas è una cucina materica, palpabile. Innanzitutto perché si tocca, incitando spesso e volentieri all'uso delle mani anche nelle condizioni meno pensabili; poi perché qualsiasi ingrediente condito o cotto nel modo più essenziale possibile sa appieno di quello che dovrebbe sapere. Un pomodoro polposo, tonico e succoso che sa di pomodoro. Un cavolfiore al gusto di cavolfiore. Delle guance di pescato carnose, sapide e piene che ricordano o forse svelano di cosa dovrebbe sapere il mare.
Eyal Shani e la sua brigata, insomma, insegnano come parlare di stagionalità, qualità e località del prodotto in toni leggeri ma essenziali e sensati, che arrivano dritti al punto.
+97235166660
articolo a cura degli autori di Identità Golose
(nella foto: "Ravioli alle erbe e rapa bianca" di Antonia Klugmann, piatto simbolo del congresso di Identità Milano 2024)