Che si sia ferraristi o meno, Maranello val benissimo una gita di un giorno. Profani e scalmanati apprezzerebbero di certo le reliquie scintillanti del Museo Ferrari, testerebbero con gioia le monoposto al simulatore o potrebbero involarsi un paio di giri per davvero tra i tornanti del circuito di Fiorano. Poi, mi raccomando, tutti a tavola al Cavallino. Da giugno 2021, l’ex mensa aziendale istituita nel 1950 da Enzo Ferrari è stata presa in gestione niente meno che da Massimo Bottura. Il cuoco modenese ha riscritto tutto il progetto e la mobilia del locale, con archi al soffitto, pavimenti a quadri in terracotta, rossi e avorio, come le tovaglie da trattoria, musetti delle F1 e pezzi di motore seminati tra la sala principale e la grill room.
Un ristorante molto bello, classico e borghese, sostenuto da una brigata di sala come se ne vedono raramente in giro – al nostro arrivo c’erano Denis Bretta, Luis Diaz, due fuoriclasse dell’accoglienza, e Silvia Campolucci, sommelier dell’avvenire radioso. In cucina, la diarchia Forapani/Bottura genera colpi da maestro come “Se il Maestro avesse avuto il Josper”, un tributo a Gualtiero Marchesi, un riso al salto grigliato, esattamente come il beurre noir di erbe bruciate che l’avvolgeva.
Il ricordo del Cotechino alla Rossini, magnifica miniaturizzazione del Tournedos di manzo della tradizione classica francese, è ancora vivo nella nostra mente. E così la Crème Caramel al Parmigiano Reggiano e tutti quei piatti che dipingono un mondo che conosciamo bene, ma da un altro punto d'osservazione ancora.
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Tavoli all’aperto
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laurea in Filosofia, coordina i contenuti della Guida ai Ristoranti di Identità Golose, collabora con varie testate e tiene lezioni di gastronomia presso scuole e università. Instagram @gabrielezanatt