Avevamo avuto più di un timore, quando avevamo appreso - incombeva l'estate 2020 - come il ristorante di Salvatore Camedda, il Somu, si sarebbe da lì a poco trasferito da Oristano alla nuova sede in Costa Smeralda. Per pregiudizio negativo: quella zona è densa d'insegne dove si mangia anche molto bene, ma connotate perlopiù di quell'allure vacanziero, da milanese aragosta&champagne, che non fa svanire la qualità gastronomica ma sfarina la percezione di una Sardegna reale, quasi si fosse in una bolla tutta brindisi, selfie e paillettes. Ecco: avevamo proprio paura che anche Camedda finisse risucchiato da queste atmosfere vipparole e quindi ne facesse le spese la verità della sua cucina.
Invece, siamo contenti di poter dire che abbiamo trovato tutto il contrario. La parola chiave è "autenticità".
Camedda racconta la sua Sardegna con ispirazione e solidità. Ogni suo piatto, tecnicamente inappuntabile e gustativamente contemporaneo, trasuda una simbiosi profonda con l'anima isolana, ne esalta i continui rimandi. Lo chef prende i meravigliosi prodotti locali e li interpreta con modernità e rispetto, aderenza e savoir faire, declinandoli in piatti dell'oggi ma che rimarcano suggestioni antiche. La sua è quasi una lezione di come conciliare tradizione e creatività, valorizzazione del terroir e sviluppo stilistico del tutto personale.
È aiutato in questo dai suoi collaboratori, ci piace ricordare l'ottimo Giacomo Serreli, alter ego di Camedda con le sue scelte in cantina che ricalcano i tratti dei quali vi abbiamo appena parlato.
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Tavoli all’aperto
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classe 1974, giornalista professionista, si è a lungo occupato soprattutto di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa esattamente l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta sui viaggi e sulla buona tavola. Caporedattore di identitagolose.it