To be or not to be Ernst? È il dilemma di fronte al quale si trova ogni giovane cuoco. Dilemma spazzato via solo dalla vocazione, senza la quale il mestiere non può arrivare a oltrepassare una certa soglia. Dunque essere ‘serio’, ‘onesto’ (Earnest, …o ernst, com’è in tedesco, appunto). E la vocazione in Dylan Watson-Brawn è stata molto precoce, 16-17 anni, e dal natio Canada si è resa viva volgendosi a Oriente. Fino, giovanissimo, a farlo rapidamente arrivare alle cucine del Ryugin di Seji Yamamoto.
Per diversi anni scuola durissima quanto straordinaria. Quindi un passaggio nelle cucine del Nord-Europa e a soli 24 anni l’apertura di un proprio ristorante a Berlino. Immediato il successo. Un sito in rete molto chiaro. Locale senza fronzoli, fuori dal centro. Un elegante banco con 12 posti a sedere (8 in epoca post-covid), di fronte alla cucina a vista. Sempre tutto prenotato, e prepagato. Motto dello chef: “When produce is pristine, less is more”. Gli acquisti di vegetali, pesci, carni, quant’altro, fatti direttamente e in sinergia con una rete di piccoli produttori, senza intermediari, fino in Sicilia.
Un menu fisso, variabile per cicli stagionali e micro-stagionali, formato da oltre 30 passaggi di piccole dimensioni. Caratteri orientali, nordici, con uno stile di contemporanea essenzialità, dove in più momenti è soprattutto la materia a parlare, talvolta con accenti pre-agricoli. Ci torneremmo? Sì, subito, abbiamo la certezza che la prima volta qualcosa ci sia sfuggito e immagino che Watson-Brawn, che ora di anni ne ha 28, sia andato ancora oltre.
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articolo a cura degli autori Identità Golose