Eugenio Boer ha scelto i due punti rossi come simbolo del suo pensiero. Servono a fonetizzare il suo cognome nel nome del locale, ma servono soprattutto da introduzione a una lista di intuizioni che ne fanno uno dei ristoranti più elettrizzanti di Milano. Città che lui - mezzo ligure e mezzo olandese e... mezzo siciliano - ha scelto da più di un decennio come casa e dove si è trasformato lentamente dall'uomo geniale di un tempo, magari un po' ombroso, in un raffinato intellettuale della cucina, che fa di ogni piatto un trattato di memoria. E che negli ultimi anni ha scelto la valorizzazione degli ingredienti italiani, enfatizzati in una mappa che evidenzia le varie provenienze. In questa evoluzione molta parte ha avuta la compagna Carlotta Perilli, che diremmo aver scartavetrato certe ruvidità facendo in modo che Eugenio scegliesse la zona di luce della sua personalità. E che luce! Quasi abbagliante in certe esposizioni.
Il menu dei classici è un catalogo di appunti per una biografia in forma commestibile: il momento più alto l'interpretazione buriana del Riso di Nino Bergese, il cuoco dei re. Il menu di stagione (in questo caso l'autunno) propone tra l'altro una Ribollita tra Sicilia e Toscana e lo Gnocco allo scoglio.
Poi c'è un menu tutto vegetale, che però non mortifica le papille con il cilicio della privazione ma anzi esalta l'essenza dei signoli ingredienti. Alla carta anche una Coda alla vaccinara in bilico tra Roma e Milano. Ambiente chic anni Cinquanta, servizio suadente curato dalla bravissima Carlotta, carta dei vini mai banale.
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romano di stanza a Milano, sommelier e giornalista del quotidiano Il Giornale, racconta da anni i sapori delle città in cui vive