Elogiare la cucina classica italiana è un facile esercizio retorico. Non è un’esagerazione affermare che i piatti della nostra tradizione sono internazionalmente riconosciuti come un’eccellenza. Più difficile, invece, è trovare chi entro i limiti della ristretta cucina di un ristorante riesca a declinare l’eccellenza di quei piatti senza farne un semplice esercizio di copiatura (che, poi, se fatta bene non è in sé un male).
Alla Locanda Perbellini di Milano, uno degli avamposti della galassia che si estende dal Lago di Garda a Bovo Marina e vede in Casa Perbellini di Verona il suo centro, lo chef Antonio Cacciapaglia è l’artefice di piatti che nel solco della classicità più semplice riescono a mettere d’accordo anche i palati raffinati. Si parte da Milano, che ospita il locale in via della Moscova al confine con il quartiere Brera, con un risotto allo zafferano e una cotoletta che si aprono alle contaminazioni, e si approda in Sicilia con un arancino (…a) che mette d’accordo oriente e occidente di un’Isola mettendo nel piatto un’interpretazione di uno degli street food più celebrati.
A far apprezzare la cucina di Cacciapaglia, longa manus meneghina di Giancarlo Perbellini, contribuisce anche la voce conto che rimane contenuta perché uno dei punti forti è quel rapporto qualità-prezzo che ne fa quasi un unicum in una città devota al profitto. Alla Locanda Perbellini, invece, la devozione è quella per la Millefoglie Giancarlo Perbellini, dolce leggendario che non a caso porta il nome dello chef bistellato, per il quale già varrebbe la pena di accomodarsi. Di milanese c’è la velocità del servizio esercitato, però, col giusto garbo.
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Tavoli all’aperto
giornalista catanese a Milano, classe 1966. «Vado in giro, incontro gente e racconto storie su Volevofareilgiornalista» e per una quantità di altre testate