Che una delle più grandi cucine francesi della contemporaneità si trovi ad Hong Kong era forse cosa facilmente prevedibile. Che albergasse al 7° piano del Mandarin Landmark Hotel, con vista mozzafiato sulla città, forse, anche. Che la eseguisse un olandese, magari, meno. Di certo, quello che non era affatto prevedibile è che Richard Ekkebus la potesse padroneggiare al punto da trasformarla in una delle migliori cucine fusion del pianeta. Non solo nelle materie prime ma anche nei jus, che tutto avviluppano e, allo stesso tempo, esaltano, e che tanto raccontano degli illustri prodromi, all'anagrafe Alain Passard e Pierre Gagnaire.
Ma anche nell'organizzazione, rigidamente militaresca, se pensiamo che a Ekkebus risponde l'intero fronte culinario dell'hotel, dalla colazione al bar passando per l'aperitivo e fino al servizio in camera. E tutto con una naturalezza e un'efficacia che sono figlie non solo del suo perfezionismo, ma anche della sua professionalità: come la sua proverbiale ossessione, maniacale a detta di qualcuno, per la materia prima, la stessa che impone che l'imperativo del tempo, ovvero della stagionalità, sia più importante di quello dello spazio se è vero com'è vero che i suoi ingredienti arrivano da tutto il mondo e, di preferenza, dal Giappone.
Il foie gras è, così, affogato nel tè ai funghi; l'ostrica è un omaggio a Ebisu e coagulata a 70 ° C. Quanto ai vini, ricarichi impegnativi ma in linea con la struttura affollano una carta di circa 1.100 referenze amministrata con eleganza da John Chan, uno dei sommelier più influenti d'Asia.
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folli amanti dell’alta cucina, in totale sono una ventina, sempre alla ricerca di emozioni. La causa? Un’irresistibile Passione Gourmet