Il nome del ristorante D.O.M., abbreviazione Latina di Deo optimo maximo, ha la stessa sfumatura semantica del latino domus: significa “casa” e, infatti, D.O.M. è dall'anno 2000 una casa, la dimora della gastronomia brasiliana (e forse sudamericana) moderna e lo chef Alex Atala è il pioniere più illustre. Quest’ex dj di sangue un po’ palestinese e anche un po’ italiano ci parlava in passato di jabuticaba, pirarucù e priprioca, simboli allora sconosciuti dal paese più biodiverso al mondo. È bello verificare che quel patrimonio oggi è acquisito e replicato a dismisura, dall’Amazzonia al Rio Grande do Sul.
Anche oggi che Atala ha comunicato di voler smetter di cucinare, D.O.M. rimane l’opzione fine dining più popolare della città. Un locale luminoso, nel cuore dell’elegante quartiere di Jardins, con musica a basso volume, soffitti alti, oggetti di design di sapore amazzonico che spuntano qua e là e formalismi come ne abbiamo visti in tante insegne stellate d’Europa.
Il nostro menu degustazione era un sunto di questi due decenni di cucina: Formiche, mango e papaya, Scampi e caffè, Spuma di funghi, Tucupi in salsa olandese e Pil pil di pirarucu con una tapenade realizzata con la pianta officinale açai. La profondità della carta dei vini è esemplare e, assaggiando il pinot nero brasiliano Vinhas do Tempo potrete capire quanto la geografia del vino sta lentamente cambiando i suoi riferimenti.
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laurea in Filosofia, coordina i contenuti della Guida ai Ristoranti di Identità Golose, collabora con varie testate e tiene lezioni di gastronomia presso scuole e università. Instagram @gabrielezanatt