Da quanto tempo parliamo su queste pagine di Asador Etxebarri e di Viktor Arguinzoniz? Da oltre 20 anni, perché il dio della brace ha cominciato a far parlare di sé agli albori dell’esplosione della gastronomia contemporanea, stanato dal giornalista Rafa Garcia Santos, pigmalione del primo congresso di cucina che la storia ricordi, Lo Mejor de La Gastronomia a San Sebastian, anno domini 1999.
Già allora, in mezzo a tutte le fascinazioni del nuovo fine dining, generava una grande attrazione il primivitismo che sprigionava questo silenzioso tempio della brace, nella campagna di Atxondo, a 45 minuti d’auto da Bilbao. Piccoli incendi di tecnica sopraffina divampano in una casa di campagna, di legno e pietra, piccola e tranquilla. Messi ad ardere, ci sono tutti i generi commestibili che possiamo immaginare: gamberi di Palamos, chuleta de vaca vieja di rubia gallega (un bisteccone basco da andare via di testa), percebes, astici, i migliori funghi e ortaggi di queste valli, persino il gelato. Sotto, legna che cambia a seconda di quella che si immola sopra al ferro.
Un ventennio dopo il fascino è immutato perché Viktor-Bittor esprime meglio di chiunque il senso atavico del fumo e della brace, la cucina senza pentole, padelle e nemmeno fornelli. Griglie modificate con ingegno per ribadire una volta di più ciò che ci ha reso umani: l’invenzione del fuoco, più di tutto.
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articolo a cura degli autori Identità Golose