Brambilla-Serrani
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A Napoli lo chiamano 'o marziano ma non capisci mai in quale accezione. Anche per noi è un antennuto venuto dallo spazio, David Bowie prima maniera, ma nel migliore dei significati possibili perché nessuno come questo ragazzo, classe 1977, sa distanziarsi dagli schemi della grande tradizione cittadina. Senza per questo mai perdere di vista nella sua odissea spaziale il pianeta di partenza, imprescindibile ma sempre più ridotto. Se il mestiere è già scritto nei geni familiari, ristoratori a loro volta, la genesi dell’atteggiamento tracotante con cui oggi scruta torvo i soliti paccheri, le paste fritte o le pastiere è già radicata a fine millennio. Chiuso il militare nei Parà, l'ormai disciplinatissimo Andrea Aprea fa un balzo Oltremanica per capire che succede dietro alle insegne nostrane di lassù: le prime esperienze dicono San Frediano e Montpeliano ma anche del sano divertimento, perché le primavere sono pur sempre una ventina e rotte. Allo svezzamento segue l’inquietudine geografica, che lo trascina a girare mestoli di produzioni intercontinentali: Milano (Grand Hotel et De Milan), Sirmione (un biennio al Grand Hotel Villa Cortina), Kuala Lumpur in Malesia, Villa San Michele a Firenze. Tra i segnaposto più marcati, Bulgari ancora a Milano e Palazzo Sasso a Ravello, in Costiera: come il dna nella prova della paternità, è con evidenza schiacciante al maestro della parentesi meneghina Elio Sironi che rimanda il suo Risotto carnaroli, limone, rosmarino e scampi. Così come i vegetali del Mio orto, colori e sapori sono eretti guardando all’esempio di Pino Lavarra, il ghost writer dell’apprendistato amalfitano. Ma Aprea porta Albione nel cuore. Apre la mente a ventaglio nel fondamentale biennio 2006-2008 al Waterside Inn e al Fat Duck di Bray, contea londinese guardata dallo sceriffo Heston Blumenthal: il ragazzo capisce il valore provocazionale di un salmone alla liquirizia («ah, quanti ne ho impiattati») e l’aspetto ludico di una preparazione che, se riesci a far sorridere il commensale sei già oltre metà dell’opera. Attenzione, però: va bene l’ironia ma non c’è Raviolo con stufato di maiale che non sia uscito dalla cucina del Comandante di Napoli, penultima tappa della sua odissea, senza il suo rintocco finale, con le ciglia aggrottate che se c'è un friariello fuori posto s'ha tutto da rifare. Perché ogni piatto è frutto di un rigore sovrapposto alla follia. Che lo sveglia nel cuore della notte a schizzare abbinamenti su un foglio. Questo, per assolvere soprattutto a un compito: allestire sovrastrutture emozionali mai sganciate dal piedistallo partenopeo. Missione che, da settembre 2011, guida Aprea alla scalata dei palati meneghini, a bordo del Vun del Park Hyatt.
di
classe 1973, laurea in Filosofia, coordina la Guida ai Ristoranti di Identità Golose e tiene lezioni di storia della gastronomia presso istituti e università. instagram @gabrielezanatt
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